Omelia del vescovo Rodolfo nella Messa di suffragio per Alessandro Baccetti

Carissimi fratelli tutti, caro Vescovo Franco, carissimi familiari,

ognuno riceva in questo momento un augurio di pace per il suo cuore, la pace che viene dalla fede, dall’affetto, dall’essere insieme qui, piccoli, poveri, ma col dono, appunto, della fede.

Oggi c’è una parola che non vorremmo mai entrasse nella nostra vita, perché è il suo contrario: è la parola morte.
Ci è difficile anche pronunciarla e non la ascoltiamo mai volentieri, perché crea un vuoto, che specie in certi casi – come quello che stiamo vivendo – ci pare di non poter colmare.

Le nostre parole diventano povere, molto più povere e solo il silenzio profondo del cuore, il silenzio lungo ci potrà aiutare.

Come?

Chiedendo aiuto alla vita stessa, alla voglia, al bisogno di vita che abbiamo tutti, all’amore dato e ricevuto, all’amicizia costruita, al ricordo del bene, alla preghiera, alla fede.

E’ questo chiedere, è questo ricevere che ci aiuta a intuire, ad ascoltare e a cercare un senso, la voce di questo momento in cui la morte ha vinto spezzando la vita di Alessandro.

Sappia Dio, nel quale crediamo, dare leggerezza al peso che stringe il cuore; sappia Dio suggerirci il senso che la nostra vita può cogliere per essere ancor più viva. Una vita viva anche in questa strettoia.

Con quest’anima, con questa preghiera del cuore, con questa fede certa, sicura, ma anche messa alla prova, ascolto dentro di me con voi la Parola di Dio, che è stata annunciata, per noi tutti, oggi, in questo momento. Parola di Dio in cui Alessandro ha creduto.

E’ la prima volta che siamo insieme dinanzi a questa Parola del Signore senza la presenza fisica di Alessandro come familiare, come sposo, come fratello, come amico, come collaboratore, come conoscente.
Riascoltiamola, chiedendo che sia vera, vera!

Riascoltiamola come famiglia: famiglia del sangue e del cuore, pensando ad Alessandro che vi accompagnava qui nella vostra parrocchia, che l’ascoltava con voi, che la spiegava a voi figli.

Riascoltiamola come famiglia-parrocchia: lui che, senza farsi notare, era presente, attivo, attento, catechista, collaboratore.

Riascoltiamola come famiglia-Chiesa: Diocesi di Grosseto, ma anche Chiesa italiana, perché Alessandro aveva responsabilità anche a livello regionale e nazionale. Famiglia-Chiesa che lui ha amato con professionalità operativa, con umiltà, con dedizione, con sacrificio, spesso senza orari, senza tener conto di sé o del suo tempo e anche della sua salute. Eravamo sempre così sicuri di lui, che ci meraviglia di non vederlo… magari là, in fondo alla chiesa, in piedi…
Ci sentiamo tutti così provati… come da una potatura di cui è difficile in questo momento cogliere il senso.
Ecco, ci accostiamo così, ci aggrappiamo così alla Parola di Dio, perché ci aiuti a star forti, in piedi di fronte a questa prova a darci la luce della sapienza.

Proprio dal libro della Sapienza abbiamo tratto la Prima lettura, che ci dice come anche i giusti sono toccati dalla morte, ma le loro anime, le loro persone “sono nelle mani di Dio” (cfr Sap 3,1).
Ci hanno lasciato e questo ci appare come “una sciagura” (cfr Sap 3,2), “ma essi sono nella pace” (Sap 3,3).

Per loro si è realizzata quella pace, quella pienezza che il nostro cuore cerca e che solo Dio può colmare.

La vita, sempre, e il dolore che porta la morte è una prova, ma è come un crogiuolo (cfr Sap 3,6), che purifica e ci porta davanti a Dio, preziosi, migliori, degni di Lui.

Sono parole della Bibbia, ma nascono dal cuore di un uomo di fede, che sta attraversando la vita, la sta guardando anche nei suoi lati pesanti, oscuri, dolorosi.

Ma chi confida in Dio arriverà a comprendere la verità (cfr Sap 3,9), chi continua a fidarsi del Suo amore rimarrà presso di Lui. Lui che è grazia e misericordia e lo è per noi! Lui, che vuole immergerci in questo come persone scelte, cercate, volute. Da Lui!

“Grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti” (Sap 3,9)

Gesù, che conosceva questa sapienza, Lui che è la sapienza di Dio e che è il volto della Sua misericordia, nelle ultime ore con i suoi, durante l’ultima cena nel Cenacolo, fece diventare preghiera questa sapienza.

Lo abbiamo sentito nel Vangelo, quasi come un grido, una rivendicazione al Padre pensando ad ognuno di noi.
“Padre voglio che quelli che mi hai dato siano dove sono io” (Gv 17,24)
Voglio… “perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato, perché mi hai amato prima della creazione del mondo” (ibid).

Gesù coinvolge i suoi nell’Amore del Padre, li immerge nella sua dimensione di eternità: ecco cos’è la salvezza! E’ come un rapporto che non può finire.
“Ho fatto conoscere loro il tuo amore e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi ed io in loro” (Gv 17,26).

Ecco la bellezza della fede, la bellezza della Parola di Dio: semplice e profonda, oggi davanti a noi!

Noi siamo come un dono del Padre a Gesù, che ci ha conquistati con la sua vita. Siamo come in un itinerario di conoscenze, di rapporti personali veri, che non avranno mai fine.

Lo Spirito Santo ponga questa Parola nel nostro cuore, la ponga a dimora come conforto, come forza, come apertura d’animo. Apra le finestre del nostro cuore! Ne abbiamo bisogno, Lui lo sa; Lui ci sta accanto e ci ripete nel cuore queste parole. Glielo chiediamo.

In esse pensiamo, ricordiamo e guardiamo Alessandro, la sua vita, il suo amore, il suo lavoro, la sua riservatezza, la sua generosità senza chiasso. Se c’era un bisogno lui era pronto, ma non si limitava a operare, a compiere un lavoro: si interessava, senza far rumore si prendeva cura, faceva suo il problema e la difficoltà che doveva affrontare. E questo sentire compassione si è accumulato nel suo cuore.

Il dolore e il male ponevano domande alla sua umanità e alla sua fede e cercava, da credente, senza lasciare nulla dei suoi impegni, cercava questa luce più forte, chiedeva un aiuto alla fede, alla sua Chiesa, a chi amava e stimava.

Oggi gli siamo accanto sotto il grande Crocifisso della sua chiesa.

E’ in Lui, in Gesù Crocifisso la risposta e la forza.

Egli si è caricato di tutti i nostri pesi, delle nostre piaghe, perfino della nostra morte.

Egli è il volto di Dio, che ce lo ha dato così vicino a noi, per farci comprendere quale grande amore ha per noi.

Di questo ci fidiamo; a questo affidiamo con affetto e gratitudine Alessandro perché, attraversata la morte, lo abbia con Lui. E questo consoli il cuore, lo apra ancora di più alla vita, che Dio ci ha dato per conoscerLo sempre di più, per amarLo, per servirLo e per essere amati come figli.

Sia come la Parola: viva, forte per noi, che nasce da questo momento.

Il Signore ci dia la forza. Amen!

 

+Rodolfo, vescovo

condividi su