Essere dono. Dare vita per amore Settimana della Bellezza 2020 - Museo Diocesano d’Arte Sacra di Grosseto

La vita dei Santi amici di Dio

Essere dono. Dare vita per amore   

Settimana della Bellezza 2020 – Museo Diocesano d’Arte Sacra di Grosseto

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Mt 10,28

“Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna”.

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Narra Jacopo da Varagine nella Legenda aurea: Cecilia, durante le nozze con Valeriano, vibrava dentro di sé.

Mentre suonavano gli strumenti musicali, la vergine Cecilia cantava nel suo cuore soltanto per il Signore, dicendo: Signore, il mio cuore e il mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa.

Gli avrebbe confidato il suo voto e Valeriano ricevette il Battesimo.

Condannata a morte, accettò il martirio: i soldati che circondavano la santa la esortavano a sottomettersi al volere dell’imperatore e molti si lamentavano perché una così bella fanciulla voleva affrontare la morte. Disse allora Cecilia: «Buoni giovani, morire non è perdere la propria gioventù ma cambiarla in una migliore: è come dare fango e ricevere in cambio oro; consegnare una vile dimora e riceverne in cambio una preziosa e ornatissima. Ecco, il mio Signore rende il centuplo di quanto gli si offre»

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L’opera. Questo dipinto, da sempre nella raccolta diocesana, raffigura santa Cecilia che suona l’organo ed è affiancata da due putti, uno dei quali le tiene lo spartito mentre lei interpreta un brano musicale. Il putto di destra invece le porta fieramente la palma del martirio, simbolo del sacrificio della giovane santa romana. In alto a sinistra altri due angioletti fanno capolino da uno spiraglio di luce. Sebbene in passato l’opera sia stata attribuita a Bernardino Mei, essa ha caratteristiche stilistiche tali da consentire un’attribuzione ad un pittore affine al senese, ma non autografa del più celebre pittore.

La materia pittorica della Santa Cecilia mostra affinità con quadri di Mei eseguiti intorno agli anni Cinquanta, dopo che il maestro aveva compiuto vari viaggi e soggiorni romani, introducendo a Siena una pittura caratterizza dai forti accenti naturalistici e dalla morbidezza materica, che si esprime anche in questa raffigurazione della santa, dalle forme tenere ed abbigliata con vesti che si caratterizzano per la ricchezza delle pieghe e per il modo soffice di drappeggiare i tessuti. L’opera è un cosiddetto quadro di stanza, ossia un genere di pittura di dimensioni medio-piccole, che nasceva per abbellire gli ambienti privati, forse una sala per musica di cui erano dotati i palazzi della ricca aristocrazia senese o romana.

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