Cattedrale di Grosseto, 10 agosto 2015

Omelia del cardinal Lorenzo Baldisseri nel solenne pontificale di San Lorenzo

Eccellentissimo mons. Rodolfo Cetoloni, vescovo di Grosseto,

autorità civili, militari,

sacerdoti, religiosi, diaconi,

fratelli e sorelle in Cristo,

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Sono parole di Gesù, che abbiamo ascoltato nel Vangelo, e ci introducono bene alla odierna solennità del patrono San Lorenzo

Gesù le ha pronunciate alla vigilia della sua passione, di fronte ad un uditorio ampio, visto che accanto ai Giudei vi erano Greci e altri della diaspora giunti a Gerusalemme per la Pasqua.

Esse sono rivolte, oggi, anche a noi, in questa solenne celebrazione in onore di san Lorenzo!

Parole che delineano l’identità del cristiano, che è chiamato a seguire le orme del suo Maestro. San Lorenzo ne è un autentico testimone!

Desidero ora ringraziare cordialmente il Vescovo, mons. Rodolfo, per l’invito; già ieri sera ho potuto ringraziarlo, ma oggi per questa bella celebrazione! E ringrazio la presenza e anche saluto il vicario generale mons. Desiderio Gianfelici, il Proposto e i membri del Capitolo, il parroco della Cattedrale e anche i presbiteri, i diaconi, i consacrati, le consacrate. Desidero salutare anche le autorità civili: il sindaco e gli altri sindaci qui presenti, il prefetto, i militari, nonché saluto tutti voi, fedeli convenuti in questa Cattedrale.

Ieri sera, partecipando alla processione, abbiamo vissuto un momento di grande gioia e anche un’espressione di viva devozione.

San Lorenzo, diacono del vescovo di Roma Sisto II, fu martire. Il suo martirio data 258 dopo Cristo, durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano e oggi ci invita a una riflessione e ci fa anche capire che il modo migliore per onorare il santo e i santi in generale è quello di imitarlo e di imitarli.

I santi sono proposti alla nostra venerazione perché sono un modello di vita evangelica: imitando loro non facciamo che imitare Gesù, Colui al quale i santi e le sante di ogni epoca e latitudine hanno conformato la loro esistenza attraverso l’esercizio eroico delle virtù.

Papa Francesco all’Angelus del 1 novembre 2013, solennità di tutti i santi, ci ha ricordato che “…i santi non sono superuomini, né sono nati perfetti; sono come noi, come ognuno di noi! Sono persone che, prima di raggiungere la gloria del cielo, hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? – continua Papa Francesco – Quando hanno conosciuto l’amore di Dio lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie. Hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze, avversità senza odiare, rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace”. (cfr. Angelus, piazza San Pietro, venerdì 1 novembre 2013)

Consapevoli, quindi, che la santità è accessibile a tutti in virtù del Battesimo, guardiamo un momento alla vita del martire San Lorenzo per tirare fuori qualche riflessione.

  •  San Lorenzo e il coraggio di partire

In primo luogo vorrei parlare di San Lorenzo come colui che ci propone il coraggio di partire!

Lorenzo era originario della Spagna, precisamente di Huesca, in Aragona, alle falde dei Pirenei. Proprio là conobbe il futuro Papa Sisto II, uno degli insegnanti più conosciuti e stimati della città. Tra il maestro e l’allievo si instaurò presto un rapporto di stima e di amicizia; fu così che entrambi, seguendo il movimento migratorio allora molto vivace – sembra quello di oggi – , intrapresero il viaggio verso Roma, che era la città dei martiri, dove Pietro e Paolo avevano dato la vita e avevano fondato la Chiesa.

Lorenzo è partito alla volta di Roma in un viaggio alla ricerca di Cristo, un pellegrinaggio, un modo per arrivare alle sorgenti della fede cristiana. Lui ha seguito le parole di Gesù, nel Vangelo di Giovanni appena ascoltato: “Se uno mi vuole seguire mi segua e dove sono io là sarà anche il mio servitore”. (Gv 12,26)

Andare dove Dio ci porta, recarsi dove Lui ci vuole è il segreto della vita cristiana!

Partire, avere il coraggio di intraprendere un viaggio. E il viaggio più importante e il più difficile a cui siamo chiamati come singoli e come comunità, è il viaggio interiore, lontano da noi stessi, dalle nostre sicurezze e comodità per incamminarci dietro il Signore.

Proprio a questo viaggio ci chiama insistentemente Papa Francesco, quando parla della Chiesa in uscita, questa espressione ormai comune, che è entrata nelle nostre orecchie.

E Papa Francesco scrive nella sua Evangelii Gaudium, un documento che è programmatico di quello che è il progetto del suo Pontificato:

“Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di uscita, che vuole provocare nei credenti”.

E qui ricorda tre personaggi dell’Antico Testamento:

“Abramo – scrive Papa Francesco – accettò la chiamata a partire per una terra nuova. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7)”.

“Oggi – continua Papa Francesco – in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire”.

Ogni comunità ecclesiale è chiamata ad uscire da se stessa e allora ci domandiamo qual è il cammino che Dio chiede a noi e chiede a voi come Chiesa qui in Grosseto? Quale nuova strada il Signore ci apre e vi apre come Chiesa qui, in questa Diocesi? E di conseguenza che cosa siete chiamati a lasciare?

Al Signore, per intercessione di San Lorenzo, chiediamo tutti noi, oggi, il dono del discernimento e della forza. Discernimento per capire quali sentieri egli ci indica; forza per seguire le sue indicazioni anche quando esse ci sorprendono e a volte ci disorientano.

  •  San Lorenzo e il coraggio di donare

La seconda riflessione che viene dalla vita di San Lorenzo è il coraggio di donare.

Da Papa Sisto II San Lorenzo ricevette l’incarico di diacono di Roma, ovvero di occuparsi delle attività caritative della Chiesa di Roma. E lo sappiamo che fu chiamato al servizio sul modello di Gesù, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e Lorenzo seppe spendere se stesso a vantaggio degli ultimi.

Abbiamo ricordato anche ieri sera durante la processione come, durante la persecuzione imperiale, a Lorenzo fu promessa salva la vita se avesse consegnato i tesori della Chiesa entro tre giorni. Il giovane diacono si presentò alla testa di un corteo di poveri dicendo: “Ecco, questi sono i nostri tesori! Sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono”.

I carnefici di Lorenzo dovettero percepire questo gesto come un affronto imperdonabile, meritevole di un supplizio tremendo.

Il giovane diacono compì invece un atto di fondamentale verità cristiana, secondo la logica paradossale del Vangelo, che la povertà è l’unica ricchezza e i poveri sono gli unici tesori della Chiesa.

Il Salmo responsoriale commenta:

“L’uomo di Dio è misericordioso, pietoso e giusto e dona largamente ai poveri” (cfr Salmo 111), consapevole, come afferma San Paolo, che “il Signore ama chi dona con gioia” (2Cor 9,6)

Papa Francesco ci ricorda spesso questo messaggio, che è tornato a risuonare forte in tutta la Chiesa. Fin dall’inizio del suo ministero ha voluto scuoterci con l’invito a diventare una Chiesa “povera per i poveri”, capace di farsi vicina agli esclusi, agli scartati della società. E nel documento citato, Evangelii Gaudium, egli scrive:

“I poveri hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare, nel sensus fidei, con le proprie sofferenze, conoscono il Cristo sofferente. E’ necessario che tutti, noi tutti, ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa e siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accoglierli”.

 

Carissimi, è veramente lodevole l’iniziativa che voi avete già in atto dal titolo “San Lorenzo e i suoi tesori”, che da quel che so avete iniziato già dall’anno scorso. E’ una iniziativa che dice “opere in favore della Caritas diocesana”.

 

Collaborate molto per i poveri!

 

Abbiamo ascoltato anche ieri sera la testimonianza di coloro che hanno ricevuto assistenza e aiuto da parte della Caritas. E non solo: lavorando al servizio dei poveri, avete sperimentato la gioia di camminare insieme; insieme come Chiesa e anche – risulta – Comune e associazioni, enti cittadini, tutte queste entità che servono il popolo, il bene comune.

Auspico di cuore che i vostri sforzi in favore dei “tesori” di questa città e di questa diocesi – cioè dei poveri che il Signore affida alle vostre cure – si intensifichino sempre più, nonostante le difficoltà che di certo non mancano.

  • San Lorenzo e  il coraggio di soffrire

Il terzo punto, che vorrei sottoporre alla vostra riflessione è: il coraggio di soffrire.

E’ un insegnamento che a volte fa paura, ma è la realtà della nostra vita e dobbiamo affrontarla con forza, amore e fede, perché non siamo soli: Cristo Gesù ha portato la croce! Sappiamo che san Lorenzo fu, secondo la tradizione, arso sulla graticola arroventata: è uno della schiera beata di quanti – come proclama il libro dell’Apocalisse – vengono dalla “grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’agnello” (Ap 7,14).

San Lorenzo è martire, testimone di Cristo, a lui ben si adattano le parole della I lettura, tratte dal Libro della Sapienza che abbiamo ascoltato:

“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace” (Sap 3, 1-3).

“Per una breve pena – continua il testo – riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé” (Sap 3,5).

Sono parole molto forti, ma reali. Ieri sera abbiamo pregato anche per i perseguitati e sappiamo dalle storie che ci raccontano e che ascoltiamo attraverso la televisione, i mezzi di comunicazione, o direttamente dalle persone che vengono qua, quali sono le sofferenze, perfino la morte… perché? Perché sono cristiani!

Il testo del Vangelo che ci ha introdotto a questa meditazione –   “Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto” – è veramente una indicazione realistica, vera.

I martiri al seguito di Gesù ci invitano a una vera e propria rivoluzione copernicana del nostro modo di intendere la sofferenza. Essi, pur non amando il dolore – chi ama il dolore? Nessuno…. – e ricercando nemmeno la morte, hanno però compreso che la sofferenza più grande deriva dal rifiuto di Dio e che la morte da rifuggire a tutti i costi non è la prima, ma la seconda, di cui parla san Francesco, cioè la morte eterna e noi con questo desiderio profondo di vita dobbiamo avere una risposta.

Dinanzi, quindi, alla sofferenza, ecco che noi siamo capaci di considerarla come una prova, cioè occasione di purificazione, di conversione, momento privilegiato in cui il Signore parla per insegnarci qualcosa di importante, per farci scoprire ed apprezzare ciò che conta sul serio. Noi siamo molto distratti e proprio nel momento della prova entriamo in crisi… Ma quello è anche il momento in cui riflettiamo e pensiamo a cose profondamente serie e capiamo di più le situazioni di tante persone…

Il vostro vescovo, mons. Rodolfo, ha fatto riferimento al Sinodo, al tema della famiglia: vogliamo presentare la bellezza della famiglia, istituzione fondamentale della società, della Chiesa come “piccola chiesa domestica”, ne vediamo la bellezza e i valori, ma allo stesso tempo anche le prove, le difficoltà.    Certamente anche qui tra voi non mancano prove, avversità, crisi; vediamo, constatiamo famiglie in difficoltà; giovani disillusi, spesso quasi disperati perché disoccupati, perché non vedono un futuro; vediamo la povertà, il degrado morale e culturale, problemi di integrazione sociale…Papa Francesco, a cui dobbiamo l’idea di questo doppio Sinodo sulla famiglia, esorta la Chiesa intera a concentrarsi proprio sulle famiglie concrete, sui loro problemi, sulle loro fragilità e ci invita, al contempo, ad avere coraggio e andare avanti, perché Dio mai ci abbandona, perché Egli ci tende la mano aiutandoci a scorgere una luce inaspettata anche nella notte più buia e oscura.

E’ la gioia del Vangelo, tanto cara al Papa, la gioia che nonostante le prove “riempie il cuore e la vita di coloro che si incontrano con Gesù

I tesori della Chiesa che sono stati elencati ieri sera – famiglie accolte, cristiani perseguitati, “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” – sono stati oggetto della nostra riflessione, proprio ieri sera durante la Processione e ora, in questo momento solenne della celebrazione eucaristica in onore di san Lorenzo, come esercizio di impegno solidale cristiano. San Lorenzo è il testimone che ci fa da guida.

Amen!

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