12 febbraio 2022, chiesa cattedrale

Omelia nella Messa con gli sposi e i fidanzati

Vi saluto e dico la mia gioia di essere qui stasera con voi coppie che si preparano al matrimonio, coppie che vi custodiscono in questo cammino, giovani coppie di fidanzati che possono immaginare la loro vita in questo itinerario verso il matrimonio, una vita da costruire in due.

Fratelli miei, non so che impressione vi ha fatto questo brano del Vangelo che abbiamo ascoltato:

Guai a voi perchè avete già la vostra consolazione… Guai a voi, perchè ora siete sazi, perchè avrete fame…guai a voi che ora ridete, perché sarete nel dolore… (cfr Lc 6,24-26)

E prima: Beati voi poveri….Beati voi che avete fame… beati voi che ora piangete… (cfr Lc 6,20-23)

Non è una pagina facile. E non dobbiamo banalizzarla con interpretazioni un po’ spiritualiste o un po’ accomodate; la dobbiamo leggere per quella che è.

Il secondo passo sarà quello di interiorizzarla.

Vi dico anche che una pagina come questa, che sembra quasi rivendicare qualcosa contro chi beve, mangia, ride… è stata definita dal filosofo Nietzsche: il rancore dei vinti verso coloro che sono vincitori nella vita… E’ questo il Vangelo? No, non può esser questo! Saprebbe di quella favoletta della formica e della cicala: la prima che lavora tutta l’estate e la cicala che suona e canta. Poi arriva l’inverno, la cicala ha fame e va a chiedere l’elemosina alla formica, che gliela nega. Sembrerebbe una rivalsa, anzi rancore.

Non può esser questo il Vangelo!

Quei “Guai a voi” di Gesù possono semmai assomigliare a una profezia, soprattutto siamo autorizzati a interpretarla così dalle parole che abbiamo letto: “Guai a voi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione”, cioè avete posto lo scopo della vostra vita nella ricchezza. E’ la parabola del ricco stolto.

E’ l’invito, espresso in termini molto forti (ma il vangelo non è un piccolo galateo! E’ la parola di Dio, parola che – ci ricorda la lettera agli Ebrei – è più penetrante di una spada a doppio taglio, è un bisturi che deve entrare dentro, senno resta in superficie e non fa nulla) a metterci nell’ottica giusta di una vita, che non è una specie di limone acerbo da strizzare per ricavarci appena appena qualcosa, ma è una realtà da condividere.

Allora voi potete vedere anche il vostro cammino di fidanzati o di prossimi alle nozze proprio come un itinerario per realizzare questa donazione: io ti voglio tanto bene, che ti donerò me stesso/a.

Non ho, dunque, paura se ora mi impoverisco, se ora ho motivi per piangere o per avere fame, perchè ti do tutto quello che sono e non arriverà il giorno in cui piangerò rammaricandomi di quello che ho fatto o che non ho fatto.

E’ l’augurio che vi faccio, fratelli: il Signore ci dia questa sapienza di saper penetrare queste parole e saperle vedere come grande, infinita possibilità di realizzare la nostra vita personale e di relazione e anche la Chiesa.

Rivolgo a voi ciò che ho detto il 2 febbraio nella Messa con frati, monaci e suore: la Chiesa può essere rassomigliata a un edificio. Il fondamento è solo Cristo, le pareti che reggono e danno senso alla costruzione sono il sacramento dell’Ordine e quello del Matrimonio. Poi, dentro le pareti ci sono tutti i carismi possibili, perché una casa ridotta a pareti e basta è troppo spoglia; avrà bisogno della nostra inventiva, della nostra personalità, del nostro modo di vivere la vita cristiana. Tuttavia questi carismi andrebbero spersi se non ci fossero, proprio come in una casa, le pareti portanti.

Esempi, se volete da catechismo, ma per intendersi.

Coraggio, dunque! Vorrei che sentiste nelle parole del vostro Vescovo questa voglia profonda di incoraggiarvi. Vi guardo con profondo rispetto e con profonda gioia perché insieme con me costruite la vostra vita e costruite la Chiesa. Il Signore ci faccia comprendere, anche attraverso le parole severe del Vangelo di questa domenica, precedute dalle parole dure del profeta Geremia – Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e pone nella carne la sua speranze e non sa vedere oltre se stesso (cfr Ger 17,5) – il senso di ciò che Gesù ci offre per non ripiegarci solo su noi stessi, senza altri scopi e ideali.

Questo richiede decisione, forza, determinazione, ma la grazia di Dio c’è per questo: per sorreggerci! Sappiamo approfittarne!

Permettete che vi racconti un aneddoto di quando ero parroco a Firenze. Celebrai un 70esimo di matrimonio di due vecchietti vispissimi. Un giornalisti li intervistò e gli domandò come avevano fatto a durare. L’uomo dette una risposta molto sapiente, che mi colpì tanto che me la ricordo ancora: “Io appartengo a una generazione che le cose le accomodava, non le buttava via”. Da un tavolino che “balla” fino al rapporto di coppia bisogna saper accomodare! Forse non sempre sarà possibile – speriamo di noi – ma provarci almeno. Buttando via saremo come quei ricchi che ridono e credono di essere chissà chi e poi sono poveri e miserabili perché non hanno saputo accomodare.

Lo so, fratelli e sorelle, la vita è complessa: è complessa la mia, la vostra, quella di tutti, però dobbiamo guardarla con fiducia, dicendo: sì questa è una situazione che voglio vivere e se capita qualcosa cercherò di accomodarla.

E’ l’augurio che vi faccio. Potrebbe sembrare un po’ fuori luogo parlare di accomodare mentre vi accingete a una vita insieme che è tutta da iniziare, ma la sapienza del Vangelo ci premunisce: sappi tirarti su le maniche, non scappare! Sappi guardarti allo specchio senza arrossire di te stesso, perché hai saputo tirare fuori il meglio di te.

Sia lodato Gesù Cristo!

+Giovanni

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