CATTEDRALE DI GROSSETO, 26 NOVEMBRE 2022

“Avvento, nuovo tempo davanti: a noi scegliere come viverlo”

Omelia in apertura del tempo di Avvento

Fratelli e sorelle

iniziamo il tempo di Avvento, un cammino rischiarato da quelle lampade che saranno accese, una dopo l’altra, nelle 4 domeniche.

È un gesto ovviamente simbolico, che vuol significare la luce del Signore che illumina il nostro cammino. Non dimentichiamo mai, a questo proposito, quella lampada accesa che ci fu consegnata il giorno del nostro battesimo.

Iniziamo, dunque, un nuovo anno liturgico e direi che pochi avvenimento come quelli liturgici ci danno il senso del tempo che passa.

Fratelli e sorelle, siamo a Natale un’altra volta, è passato un altro anno. Ora tocca a noi scegliere in quale ottica giudicare questo fatto. Detto senza troppi complimenti: un anno in meno da campare o un anno in più della nostra conoscenza di Cristo e della nostra fede cristiana?

Cosa scegliamo? Certo, un anno in meno da campare non c’è bisogno di venire in chiesa per scoprirlo! Oppure mi metto nell’altra ottica e penso che tutti vogliamo fare questo: Un anno in più della nostra conoscenza del Vangelo; un anno in più di grazia di Dio; un anno in più della nostra convivenza cristiana.

Allora capiamo bene il tempo dell’avvento, che non è semplicemente un tempo per prepararci al Natale, ma un momento per vivere una dimensione essenziale della vita cristiana: di nuovo tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. Noi partiamo da un passato – nato da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, è risorto il terzo giorno – per poter affermare che tornerà a giudicare i vivi e i morti. E celebriamo l’eucaristia per annunciare la morte del Signore, proclamare la sua resurrezione nell’attesa sua venuta.

E’ in questa dimensione di attesa che possiamo considerare la nostra vita non come tempo che ci viene sottratto, portato via, ma come un tempo che ci viene concesso per capire ancora più profondamente la nostra esperienza di cristiani. Attesa che deve essere operosa, non semplicemente attendendo senza sapere esattamente chi e come.

Ricorderete il romanzo “Aspettando Godot”… un tempo che diventa un non senso.

La nostra attesa deve essere molto operosa: ricordiamo la parabola dei talenti, la parabola delle vergini stolte e sapienti, la parabola del ricco epulone, la parabola del ricco che vuol costruire nuovi granai per poter dire a se stesso: ora pensa a divertirti. La nostra attesa invece deve essere come quella dei servi che aspettano il ritorno del loro signore per poterlo accogliere prontamente: entra nella gioia del tuo padrone!

Chiediamo, allora, al Signore di avere questa coscienza attenta, vigile, non addormentata, non traviata, ma una coscienza che cresce, una coscienza che accoglie gli stimoli della vita, che sa rifletterci sopra, alla luce della parola di Dio. Così la nostra attesa non sarà inutile

Avete sentito la parola di Isaia:

«Venite, saliamo sul monte del Signore” per poter spezzare le nostre spade e farne degli aratri e non imparare più l’arte della guerra (cfr Is

Fratelli e sorelle

come sembrano lontane queste parole di Isaia…quasi una specie di illusione… stiamo vivendo momenti di guerra e di guerra feroce, ammesso che esistano guerre non feroci, e di cui non sappiamo se e quando finirà e con quali conseguenze.

Queste parole allora cosa sono? Un semplice augurio? Una illusione? Peggio ancora… o sono parole che ci scivolano addosso perché ci paiono così lontane dalla nostra esperienza quotidiana?

Ieri nell’ufficio divino la seconda lettera di san Pietro faceva riecheggiare questa domanda:

“Dov’è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione” (cfr 2Pt 3,1-18)

Questa è una sottile tentazione, molto sottile, a cui la nostra coscienza di cristiani ci deve far stare molto attenti: la tentazione di dubitare della parola di Dio, che invece ci deve spronare a raffinare la nostra coscienza a compiere quelle opere di pace, per quanto piccole ci possano sembrare, per quanto addirittura insignificanti rispetto ai problemi ci possano sembrare! Non ci scoraggiamo per questo!

Allora il nostro cammino, illuminato dalla luce pasquale di Cristo morto e risorto, ci farà essere uomini e donne della speranza; uomini e donne che sapranno ascoltare e vedere al di là della nostra esperienza. Saremo insomma sempre più cristiani e allora un anno in più della nostra vita di cristiani, un anno in più della nostra esperienza del Vangelo.

Auguriamocelo! Io a voi e voi a me.

***

Questa Messa che stiamo celebrando segna anche un momento di cambiamento in cattedrale.

Lo sapete: è una decisione già presa da tempo, ma stasera viene simbolicamente rappresentata. Don Piero lascia la parrocchia della cattedrale; don Franco lascia la propositura, ma entrambi restano comunque canonici, quindi presenti come lo sono stasera nella vita del duomo. È solo un passaggio momentaneo, in attesa di stabilire altri

Voglio fare ringraziamento a don Piero per i lunghi anni che ha passato come parroco; e voglio ringraziare don Franco per loro dedizione. Li conoscete e non ho bisogno di aggiungere io altre parole alle tante. Voi avete certamente conoscenza e motivi per ringraziare il Signore insieme con loro della loro vigilanza, della loro vita di sacerdoti e di persone dedicate al servizio di Dio e del popolo cristiano.

Si usa dire “Iddio te ne renda merito” e lo dico a voi, don Piero e don Franco, con tutta la riconoscenza di cui sono capace. Faccio gli auguri a don Gian Paolo di portare avanti l’apostolato nella cattedrale insieme ai suoi seminaristi. Metto davanti a voi i futuri preti di domani. Guardateli con simpatia, ma pregare per loro. L’esempio di questi preti avanti negli anni, fedeli al ministero che hanno ricevuto sia un esempio per loro perché, quando sarà il momento di ricevere il sacerdozio, possano essere fedeli a quello che prometto, al dono che ricevono.

Amen!

+Giovanni

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