Pasqua 2024

Omelia nella solenne Messa Crismale

dalla Cattedrale di Grosseto, giovedì santo 28 marzo 2024

Caro vescovo Rodolfo, e voi tutti confratelli e fedeli presenti,

tutti gli anni ci troviamo di fronte a questo episodio della sinagoga di Nazareth, quando gli occhi di tutti – ricorda il vangelo di Luca – erano fissi su di Lui. Accogliamo anche noi questo invito: fissiamo il nostro sguardo su Gesù come anche ci esorta la Lettera agli Ebrei che stiamo ascoltando questa settimana. “Partecipi di una vocazione santa, fissate bene la mente in Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede, che noi professiamo” (Eb 3,1)

Il vescovo, coi suoi presbiteri e diaconi riuniti attorno all’altare, presentano un’immagine vera e solenne del ministero ordinato, a servizio della Chiesa. Ma è tutto il popolo di Dio, riunito attorno all’altare, che forma la Chiesa. E se oggi presbiteri e diaconi rinnovano le loro promesse di ordinazione, nella notte pasquale tutti – clero e popolo – rinnoveremo le promesse battesimali, la professione di fede in Gesù, in Dio Padre, nello Spirito santo e nella Chiesa. Gli olii santi, che tra poco consacreremo, non riguardano, allora, solo i preti, ma tutti i credenti. Tutti noi siamo stati segnati con l’olio dei catecumeni. Ci fu detto quel giorno: “ti ungo con olio segno di salvezza, ti fortifichi con la sua potenza Cristo Signore” (cfr Rito del Battesimo); mentre tra poco pregheremo su quell’olio “perchè quanti riceveranno questa unzione, fatti degni dell’adozione a figli, gustino la gioia di rinascere e vivere nella tua Chiesa” (cfr rito di benedizione degli olii). Su tutti noi è stato sparso il Crisma, perché” inseriti in Cristo sacerdote, re e profeta, siamo sempre membri vivi del suo Corpo”: questo ci fu detto nel giorno del nostro Battesimo.
I presbiteri, nell’ordinazione, ricevono l’unzione crismale nelle mani “per la santificazione del suo popolo e per l’offerta del sacrificio” (cfr Unzione crismale, dal rito di ordinazione presbiterale), ma – lo sapete tutti – non solo sulle persone viene sparso il crisma; nella dedicazione di una chiesa e dell’altare esso viene sparso sulle pareti, viene versato con abbondanza sulla mensa eucaristica, perché l’edificio materiale sia segno del mistero della Chiesa. Questo è lo scopo del crisma!
Penso infine che qualcuno tra noi qui presenti abbia già ricevuto l’unzione con l’olio degli infermi, per ricevere dalla piissima misericordia del Padre aiuto e sollievo (cfr formula per il conferimento dell’Unzione degli infermi ) E preghiamo perchè, quando sarà il momento, ci sia qualcuno che sparga su di noi l’olio che ora benediciamo.

Noi, dunque, siamo il popolo di Dio di ogni tribù, lingua e nazione (cfr Ap 7,9) e siamo parte vera di quella immensa moltitudine che nessuno poteva contare (ibid) Siamo stati segnati dal sigillo del Dio vivente (cfr Ap 7,2) e possiamo e vogliamo seguire l’Agnello ovunque andrà (cfr Ap 14,4)

Fratelli e sorelle,
questa è la Chiesa di Dio e nessuno ci strapperà dalle sue mani! Nessuno: né gli uomini, né gli avvenimenti anche tragici della storia umana, come le guerre in corso. Tuttavia la liturgia della Messa crismale ci invita a contemplare il ministero sacerdotale, il sacramento dell’Ordine.

Per quale motivo se questi olii riguardano tutti i cristiani; se il crisma viene versato su tutti i credenti? Perché i presbiteri sono chiamati a spargere questi oli sul popolo cristiano per renderlo, appunto, tale. Noi siamo chiamati a svolgere un ministero a favore dei cristiani – crisma e olio degli inferni – e su coloro che voglio diventarlo – l’olio dei catecumeni -. E questo è un ministero, non un semplice incarico o un mestiere come un altro all’interno della comunità cristiana. E allora possiamo farci una domanda – non retorica, ma vera e profonda – che ci viene rivolta da tante parti oggi: chi è il prete? A cosa serve?
Ci viene fatta dai semplici fedeli, tante volte, nelle nostre comunità parrocchiali; ci viene fatta dall’opinione pubblica, da coloro che forse con la Chiesa hanno solo rapporti occasionali, fino a coloro che ci guardano come un relitto del passato destinato a scomparire senza troppi rimpianti e fino a coloro che semplicemente non sanno chi siamo e a cosa serviamo; coloro cioè che non sanno nulla del cristianesimo e che sono sempre di più. All’interno, poi, della Chiesa non mancano coloro che, partendo dalla crisi ministeriale di oggi, ritengono che il prete abbia fatto il suo tempo e che sia necessario trovare o inventare altre forme ministeriali, ritenute più idonee per il nostro tempo. Non mancano addirittura coloro che ritengono il clero un impedimento alla genuina comprensione del Vangelo e alla vera natura del popolo cristiano. Le opinioni, dunque, sono tante: noi cosa diciamo di noi stessi?

Cari confratelli,
non possiamo semplicemente rispondere con le parole del catechismo, non perché non siano vere, ma perché non sono capite. Non è il momento qui di trattare aspetti dottrinali, ma senza dimenticarli, vogliamo fissare il nostro sguardo interiore su noi stessi, sul nostro io più profondo, perché il nostro sì di oggi sia sempre più vero, più autentico, il meno cerimoniale possibile. Vogliamo, dunque, offrire la nostra testimonianza umile e convinta della nostra fede in Gesù. Noi dobbiamo parlare di Lui, delle sue parole, della sua vita! Certo, la Chiesa lo ha fatto altrimenti noi non saremmo qui; noi siamo gli eredi e i beneficiari di una predicazione del Vangelo e dobbiamo coltivare in noi un senso profondo di gratitudine, che ci libera da inopportune autoreferenzialità, dalla tentazione del potere, della carriera, del clericalismo, come oggi sembra di moda dire. Noi – vescovo, preti, diaconi – non abbiamo altro scopo che questo: che Gesù sia conosciuto, sia creduto, sia amato. A questo serve il prete!

E’ vero, però, che evangelizzare è compito di ogni battezzato. Chiunque crede in Gesù deve testimoniarlo con la vita e con le opere. Qual è allora il nostro specifico modo di parlare e di testimoniare Gesù? Rinnovando le nostre promesse, ci viene chiesto ora:

“Volete essere fedeli dispensatori dei misteri di Dio, per mezzo della santa eucaristia e delle altre azioni liturgiche e adempiere fedelmente il ministero della Parola di salvezza, sull’esempio di Cristo, capo e pastore, lasciandovi guidare non da interessi umani, ma dall’amore per i vostri fratelli?”

Ecco il punto essenziale del nostro essere preti. Questo è ciò che la Chiesa crede e insegna sul ministero presbiterale e diaconale; questo è quanto lo Spirito santo, effuso su di noi con l’imposizione delle mani, ci ha donato, trasformando la nostra vita al servizio del Vangelo.
Ora, predicare il Vangelo non significa semplicemente insegnare delle dottrine teologiche, o parlare di personali esperienze spirituali credendole decisive e assolute, ma proclamare che Gesù il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti! Questa è la vita eterna: che conoscano te unico e vero Dio e colui che hai mandato, Gesù (Gv 17,3). E la proclamazione più alta e decisiva è la celebrazione dei santi misteri.

Fratelli sacerdoti, fratelli diaconi,
promettiamo alla nostra coscienza un’attenzione più profonda, un amore più sincero, una fede più vissuta nelle celebrazioni liturgiche! Non sono proprietà nostra: appartengono alla Chiesa, che le ha messe nelle nostre mani perché le facciamo amare, le facciamo partecipare, le facciamo gustare al popolo cristiano. Ogni celebrazione coinvolge la Chiesa e quindi una specifica comunità cristiana: le nostre diocesi, le nostre parrocchie, le nostre comunità religiose. La Chiesa non è un’astrazione teologica, ma un popolo concreto, con la sua storia, i suoi pregi, i suoi limiti, con le sue pagine gloriose e purtroppo anche meschine. A questo popolo di Dio dobbiamo consegnare il Vangelo e con questo popolo lo dobbiamo vivere. La celebrazione liturgica non è mai un evento astratto, che ignori coloro che vi partecipano. Non si tratta di inventare strambe cerimonie, che sono risibili e che indispongono; si tratta di far “concelebrare” tutti i fedeli, perché siano introdotti nella vita e nel mistero di Cristo. E se la Chiesa è l’immenso popolo di Dio, allora quanta pazienza, quanta sapienza, quanta capacità di discernimento ci vengono chiesti, perché ognuno si senta compreso, invitato e accolto! Questa accoglienza raggiunge il suo vertice nella celebrazione sacramentale eucaristica, dove ancora una volta la carne dell’uomo e la carne di Dio – per usare un’espressione di Tertulliano – si incontrano, e nella celebrazione sacramentale della riconciliazione, dove il sangue versato per la remissione dei peccati diventa evento concreto di salvezza per colui che chiede perdono in quel momento, in quella occasione, in quella situazione.

Termino consegnandovi una bella parola di Evangelii Gaudium, che mette in relazione il predicatore celebrante con coloro che ascoltano e che, in qualche modo, concelebrano:

“Un predicatore è un contemplativo della Parola ed anche un contemplativo del popolo. In questo modo, egli scopre «le aspirazioni, le ricchezze e i limiti, i modi di pregare, di amare, di considerare la vita e il mondo, che contrassegnano un determinato ambito umano», prestando attenzione al «popolo concreto al quale si rivolge (…)». Si tratta di collegare il messaggio del testo biblico con una situazione umana, con qualcosa che essi vivono, con un’esperienza che ha bisogno della luce della Parola. Questa preoccupazione non risponde a un atteggiamento opportunista o diplomatico, ma è profondamente religiosa e pastorale. In fondo è «una vera sensibilità spirituale per saper leggere negli avvenimenti il messaggio di Dio»” (E.G. n. 154)

Ecco a cosa serve un prete; ecco chi è un prete!
Quella ordinazione di cui tutti noi ringraziamo Dio, ci abilita a prendere per mano ogni persona del popolo cristiano ed accompagnarla ad entrare sempre di più nella vita e nel mistero di Cristo; accompagnarla sempre di più a tenere fissi gli occhi su di Lui, come gli abitanti di Nazareth in quel momento di curiosità, di ansietà e da cui si aspettavano chissà che cosa; fissare gli occhi su Nostro Signore Gesù Cristo. Amare Gesù e farlo amare è lo scopo della nostra esistenza.

Amen.

+Giovanni

(da registrazione)

 

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