NATALE 2022

“Per una generazione «impaurita e malinconica» la risposta è quel Bambino”

L'omelia del Vescovo nella notte di Natale-Cattedrale di Grosseto

Fratelli e sorelle,

abbiamo riascoltato ancora una volta il racconto che l’evangelista Luca ci ha messo davanti. Un racconto che non è una fiaba, che non è ‘c’era una volta’, ma un avvenimento, una storia che ha attraversato per sempre anche la nostra storia dandole un significato nuovo. Collocato nella storia degli uomini – il canto della Kalenda lo ha evidenziato bene – l’avvenimento di Gesù resta incastonato per sempre nella vita dell’umanità. Dobbiamo, dunque, raccogliere il racconto evangelico come una parola detta a noi oggi, nella nostra concreta e umana situazione: non è una pia leggenda, non un simbolo di umani sentimenti per quanto nobili, ma una realtà nuova e antica al tempo stesso, con la quale vogliamo confrontarci.

Non considerate di cattivo gusto quello che ora sto per dire – siamo a Natale lasciamo perdere i problemi…no -: il Censis, la cui autorevolezza e validità scientifica sono noti, ha pubblicato in questi giorni il consueto rapporto annuale della situazione della società italiana. Essa viene descritta come una società malinconica e spaventata. E vengono anche elencate le varie situazioni che spiegano una così dura realtà: la guerra, con la paura che si vada verso il terzo conflitto mondiale; la pandemia; la crisi energetica ed economica…

L’ho già detto e lo ripeto: non considerate di cattivo gusto parlare di questo a Natale. Di cosa dovremmo parlare? Se la nostra fede non ci aiuta a confrontarci con la storia e l’attualità, che sono quelle che sono, allora diventa un’illusione, un auto ingannarsi,  un non voler vedere. Ma la fede cristiana non è questo! Lo sappiamo bene, altrimenti non saremmo qui. La fede deve aiutarci a confrontarci con la realtà e a chiedersi: io cosa posso fare per la mia Chiesa e per la mia società? Dalla celebrazione natalizia dobbiamo e possiamo trovare il coraggio e la voglia di interrogarci. La fede cristiana parla dell’economia dell’incarnazione, cioè del perché, secondo l’espressione dei padri della Chiesa. Gesù, nato da donna, nato sotto la legge – dice san Paolo ai Galati – è venuto nel mondo perché ricevessimo l’adozione a figli: l’avvenimento che il vangelo di Luca ci ha raccontato; il prologo di Giovanni che proclamiamo nel giorno di Natale, ci aiutano a scoprire e leggere nel profondo questa verità. Da quella notte, la storia dell’uomo e la storia di Dio si sono intrecciate in maniera definitiva! Dobbiamo partire da questo dato, che non è autoconsolatorio, ma un dato della nostra fede cristiana.

Certamente, la storia dell’uomo e la storia di Dio, ciascuna rimane con le sue particolarità e peculiarità: quella dell’uomo è spesso una storia contorta e controversa – lo stiamo sperimentando anche oggi -, segnata dai problemi; purtroppo – secondo il Censis – anche dalla sfiducia e da una infelice rassegnazione. La storia di Dio è storia misericordiosa e di salvezza. Ma, nella visione cristiana, ormai l’una non può fare senza l’altra: in Gesù di Nazareth Dio si è rivelato come Dio della salvezza per l’uomo e la storia dell’uomo trova senso nella storia di Dio. E’ il motivo profondo per cui siamo qui!

Il cristiano è reso partecipe di questo disegno salvifico di Dio attraverso il Battesimo e l’Eucaristia; riceve le primizie dello spirito – così si esprime la liturgia – per entrare in comunione con Dio uno e trino da ora e per sempre. Anzi, l’insegnamento del Vaticano II dice che questo entrare in comunione con Dio non vale solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, (quella buona volontà che forma le prime parole del canto del Gloria) nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia di Dio. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina. Perciò – continua il Concilio – dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio solo conosce, con il mistero pasquale.

Tutto questo noi celebriamo nel Natale: l’incontro fra Dio e l’umanità, un incontro definitivo. Questo forma l’ottimismo cristiano! Noi possiamo col Signore Gesù costruire una nostra storia umana altra; noi possiamo collaborare con tutti gli uomini di buona volontà; noi possiamo e vogliamo costruire una via umana degna di questo nome per vivere fin da ora una vita umanamente alta e dignitosa. Possiamo sforzarci nel fare questo, certo! Dobbiamo in qualche modo conquistalo, questo e nel disincanto di oggi, nel tempo del pensiero debole e del proprio particulare esasperato fino all’eccesso e nel tempo di fondamentalismi culturali, religiosi e politici, di voglia di costruire muri piuttosto che ponti, noi dobbiamo costruire una speranza insieme! Mi si potrebbe obiettare: “Io non sono nessuno… Cosa volete che conti la mia parola, le mie azioni, il mio desiderio… Io non sono nessuno e subisco quello che altri decidono. La guerra non l’ho voluta io, ma io la pago….”. E’ la tentazione di lasciar perdere, ma celebrando il Natale del Signore che ci ha redenti, noi dobbiamo testimoniare questa nostra redenzione!

Prima di tutto l’annuncio verbale del Vangelo: raccontiamo quello che Gesù ha fatto, quello che Gesù è! Non vergogniamoci del nostro Vangelo!

Poi i segni sacramentali che stiamo celebrando: andate e battezzate…fate questo in memoria di me

Infine la testimonianza dei comportamenti: da questo riconosceranno che siete miei discepoli.

E allora, fratelli, impegniamoci nella giustizia; non tanto quella dei tribunali, ma la giustizia di considerare ogni persona degna di essere accolta, degna di essere ascoltata, degna di essere difesa.

Impegniamoci nel servizio al prossimo nella vita ordinaria, partecipando anche semplicemente alle varie associazioni di volontariato che ci sono. Io posso portare solo questa goccia, ma la porto! Non stiamo semplicemente a vedere altri che lo fanno. Chi non ha la forza di fare materialmente, può sempre pregare, che è la forza nostra.

E poi lo sforzo del perdono cristiano: è un tema enorme, che non significa dimenticare, né far finta di nulla; significa, invece, riprendere nel profondo del proprio io quello che possiamo aver subìto e interpretarlo in maniera diversa. E’ uno sforzo grande questo, ma siamo qui per questo! Le parole di Isaia lette stanotte che possono sembrare solo bella poesia, solo desiderio devono diventare un itinerario di vita. Dio giudicherà le nostre azioni: non noi stessi, né tantomeno gli uni quelle degli altri. Le vogliamo consegnare a Dio perché le renda fruttifere, valide, perché le renda per nostro beneficio spirituale e materiale.

Vi auguro buon Natale così, fratelli e sorelle. Non abbiate paura di interrogarvi nel profondo! Non abbiate paura di interrogarvi dentro e di vedere cosa ognuno può fare con l’aiuto e la grazia di Dio. E una risposta la troveremo, una risposta che magari non immaginiamo neanche.

E’ un buona Natale: un Bambino ci è stato dato!

Abbiamo sentito come di fronte ai drammi della storia, la Scrittura ci dice che ci viene dato un Bambino! Non un esercito, non una potenza, non chissà che cosa, ma un Bambino, cioè la vita di Dio stesso. Sappiamo riconoscerlo, questo Bambino, nella nostra strada, sappiamo riconoscerlo nella nostra vita, sappiamo riconoscerlo soprattutto nella nostra coscienza.

Amen!

+Giovanni

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