E’ rentrato in cattedrale da pochi giorni, dopo oltre tre mesi di paziente restauro ad opera della restauratrice Emanuela Paris, dell’atelier Sirio di Bergamo, il raffinato piviale appartenuto al vescovo Paolo Galeazzi e da lui lasciato in eredità alla cattedrale insieme ad altri raffinati paramenti da lui utilizzati durante il suo lungo episcopato a Grosseto (1933-1971).
Alcuni di questi paramenti, come ad esempio, un velo omerale (il parato che viene collocato sulle spalle del sacerdote, sopra il piviale, quando questi tiene fra le mani l’ostensorio), sono in buono stato di conservazione; altri invece – solitamente corredi – hanno subìto gli effetti dell’usura del tempo e anche degli agenti atmosferici che hanno “aggredito” stoffe e ricami provocando un loro deterioramento e avrebbero, dunque, bisogno di essere restaurati. Mettere mano a questi interventi, però, richiede notevoli risorse ed in questo momento il Capitolo della cattedrale, anche con l’aiuto di alcuni benefattori, è potuto intervenire solo sul piviale avorio di seta ricamata, a cui sono abbinati una stola e una pianeta, quest’ultima sottoposta a restauro nei mesi precedenti.
Ad aprire il grande contenitore che custodiva il piviale restaurato, sono stati don Gian Paolo Marchetti, canonico operaio della cattedrale, e la sovrintendente Simona Pozzi, che hanno potuto constatare l’ottimo lavoro effettuato dall’atelier lombardo. Si tratta, come detto, di un parato particolarmente raffinato ed elegante, i cui tessuti di fondo sono in gros de Tours, tessuto a grosse coste orizzontali che prende il nome dalla città francese che ne è la principale produttrice, di seta color beige-avorio con lamina dorata. Il piviale, consegnato alla ditta di restauro, risultava foderato meccanicamente con un tessuto non originale, così come non coerenti erano i nastrini. I motivi decorativi a ricamo sono stati realizzati in filati d’oro (oro filato, riccio, laminette, canutiglie), mentre le parti in rilievo sono state create interponendo delle imbottiture in cartoncino sagomato e cordoncini tubolari.
Sul piviale, così come sulla stola e la pianeta, è riprodotto anche lo stemma episcopale di mons. Galeazzi, col motto “Galea salutis”, realizzato in seta policroma, cordoncini tubolari e nappe in seta. Le iscrizioni e i dettagli iconografici, invece, sono stati realizzati a punto pittura.
Il parato presentava estesi depositi superficiali, deformazioni del tessuto di fondo, lacerazioni e consunzioni localizzate e c’era anche la presenza di tessuti non coerenti con gli originali, colature di cera, mentre i ricami metallici in molti punti risultavano ossidati, i filati sollevati, così come i galloni. L’intervento di restauro, dunque, ha richiesto molta pazienza e molti passaggi.
A partire dalla aspiratura ed eliminazione del deposito di particelle sul fronte e sul retro di tutti i tessuti.
Poi ha avuto luogo la pulitura preliminare con polvere granulare. Quindi la restauratrice è intervenuta sui ricami e sui galloni. Ha così avuto luogo la nebulizzazione delle opere con vapore acqueo freddo, che ha permesso di reidratare le fibre. Solo dopo queste procedure preliminari ha preso avvio il restauro conservativo vero e proprio. Davvero un lavoro certosino, che ha permesso di restituire all’utilizzo liturgico parati di grande eleganza e raffinatezza, che verranno probabilmente utilizzati dal vescovo Giovanni il 29 dicembre in occasione dell’apertura diocesana dell’anno santo.
Se qualcuno volesse contribuire alle spese di restauro con un’offerta può utilizzare l’iban IT54X0503414302000000004385; causale: «restauro parato mons. Galeazzi».