Viaggio nei centri d’ascolto: sesta tappa San Francesco

Nella parrocchia di San Francesco, nel cuore del centro storico di Grosseto, l’esperienza di Caritas ha assunto un nome tutto particolare: Fratello povero.

È così, infatti, che la comunità affidata ai Frati Minori ha denominato, ormai molti anni fa, il servizio di distribuzione del cibo per quanti bussano alla porta del convento francescano chiedendo la carità. È dai particolari che spesso si rivela il volto di una realtà. E questo particolare non è da poco. Il Poverello d’Assisi, infatti, che chiamava sorella anche la morte, ha impresso una svolta evangelica al suo tempo, tale da attraversare i secoli. Al punto che non basta più dare ai poveri, bisogna sentire che loro sono fratelli per noi. E così tutto cambia.

Partiamo da questo aspetto per raccontare l’attività del centro di ascolto parrocchiale, in questo tour ideale iniziato diverse settimane fa tra le parrocchie. A raccontare il servizio di carità nella comunità di San Francesco sono Maria Angela, Andrea, Barbara e Stefano, dando voce agli oltre 15 volontari che si alternano nei due servizi.

“L’esperienza di Fratello povero – raccontano – è nata una dodicina di anni fa con l’allora parroco fr. Stefano Giorgetti, con il quale emerse il tema di come aiutare i poveri che si rivolgevano alla parrocchia”. Quella di San Francesco è una realtà particolare. Essere nel centro storico significa, spesso, catalizzare i bisogni di senza fissa dimora o di famiglie provenienti
da Paesi stranieri e che vivono in abitazioni dentro le mura cittadine. Situazioni «di confine»: sembra un paradosso, mentre parliamo di centro storico, eppure è così. La risposta iniziale fu quella di dedicare il sabato mattina all’accoglienza di chi bussava: “Ci mettevamo in sala Friuli – raccontano i volontari – e distribuivamo cibo e qualche vestito. All’inizio venivano 2-3 persone, poi sono andate sempre più aumentando”.

Oggi la Parrocchia fa fronte ai bisogni di 60-70 famiglie.

Attraverso “Fratello povero”, il sabato mattina vengono distribuiti i viveri, mentre con lo scoppio della pandemia è stata momentaneamente sospesa la
consegna di vestiario. Il centro di ascolto, invece, è aperto due volte al mese. Le volontarie fanno colloqui individuali, cercano di capire quali sono i problemi del singolo, quali risposte poter offrire e, laddove la Parrocchia non ha gli strumenti, indirizzare. Il cibo da distribuire arriva dal Banco
Alimentare (volontari si recano periodicamente a Firenze, col furgone della parrocchia, a fare rifornimento), ma anche dalle iniziative di sensibilizzazione tra la comunità parrocchiale. “C’è una bella collaborazione delle catechiste – dicono – Sono loro a coinvolgere i ragazzi per far portare loro cibo a lunga conservazione, che raccogliamo in apposite ceste all’ingresso della chiesa e che portiamo all’altare durante le Messe del sabato sera e della domenica alle 11, nella processione offertoriale. È un’occasione importante non solo per raccogliere generi
alimentari, ma soprattutto per far crescere nei ragazzi questa sensibilità alla condivisione”.

Insomma, come si fa in famiglia, è dalla condivisione dei bisogni che vengono le risposte e la corresponsabilità di tutti. A partire dai frati, che sono i primi a frugarsi in tasca quando c’è necessità o a coprire i costi delle
bollette di chi non riesce a far fronte alle spese ordinarie. Un problema, questo, cresciuto proprio nell’ultimo anno con lo scoppio del covid. Fedeli a quel che diceva san Francesco: è dando che si riceve.

(tratto da “Toscana Oggi” del 7 marzo 2021)

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