Viaggio nei centri di ascolto. Ultima tappa: SS.Crocifisso

“Chi è il povero oggi?” Questo interrogativo risuona in una stanza della parrocchia del Ss. Crocifisso, a pochi metri dalla Cittadella dello Studente. «Ora come non mai si presentano povertà esistenziali e persone divelte da divorzi e malattie, che non chiedono semplicemente il pacco viveri». «Come si risponde a questo genere di povertà?» «Con il rispetto, cercando di capirne il linguaggio. Ci si accorge che davvero quei bisogni esistenziali
sono, per loro, primari».

La parrocchia del Crocifisso copre un ampio territorio, con molta edilizia popolare. La chiesa parrocchiale sembra una grande mantella di cemento grigio, che scende da una croce metallica.
Pensate che la parrocchia sia un punto di riferimento per questa zona?, chiedo. «Sicuramente il centro di ascolto lo è, ma c’è molto da fare per avvicinarsi alla periferia, per impararne il linguaggio, per rompere gli indugi di tanti, specialmente di origini italiane, che si vergognano della propria situazione». Per la comunità il centro di ascolto è l’espressione
della cura dei poveri, ma, secondo il parroco don Roberto Nelli, non
un servizio meramente assistenziale: «Il Centro di Ascolto educa tutta una comunità, vuole portare la cura dei più fragili nelle vite di ognuno, perché nel volto dei poveri si riconosca Cristo stesso. Stando a contatto con una persona bisognosa si sente la stessa domanda che Gesù poneva a Pietro: ma tu mi vuoi bene?»

Il momento è difficile, tra i più difficili in 20 anni di attività caritativa: molti perdono il lavoro, il volume degli assistiti aumenta, e non basta portare sollievo perché le persone desiderano un’occupazione. Proprio per questo la parrocchia sta sviluppando una collaborazione con il Centro per l’Impiego, per affiancare alla distribuzione di alimenti e vestiario delle possibilità professionali. «La nostra assistenza non può che essere temporanea, bisogna trovare un modo per rendere chi si rivolge a noi operativo», spiega il parroco don Roberto Nelli. Chi sono i volontari della Caritas? Un interrogativo che ronza nella mia testa e che presento ai miei 4 interlocutori. C’è il marito, che è arrivato un po’ per caso, grazie alla moglie, volontaria. C’è la moglie, appunto, volitiva, presente dalla prima ora assieme ad un’amica: durante l’episcopato del vescovo Agostinelli, non senza incontrare molte resistenze, tirarono su il Centro. C’è chi è stato coinvolto dal parroco, dopo anni di volontariato per strada.

Sono tutte storie che iniziano anni e anni fa e a far rimanere, spiegano i volontari, è l’unicità degli incontri. La soddisfazione, introvabile altrove,
nel coltivare la dignità di chi chiede aiuto, l’incontro prezioso con il dolore e il suo valore, la convinzione che solo la Chiesa possa ricucire gli strappi profondi di certe vite e di certe strade. Le storie dei volontari si intessono
con quelle di chi arriva per chiedere una mano e costruiscono qualcosa
di nuovo, mentre si cerca di capirsi, di darsi un po’ di sollievo, di non vergognarsi. Quante storie strette e quante intercettate, oggi e, sempre
di più, domani.

(da “Toscana Oggi” del 2 maggio 2021. Servizio a cura di Giovanni Cerboni)

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