Maria ancella del Signore

Essere dono. Dare vita per amore
Settimana della Bellezza 2020 – Museo Diocesano d’Arte Sacra di Grosseto

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Lc 1, 34-38

Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

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«Prima della sua concezione Maria sembrava essere pura apertura nei confronti di Dio, e attraverso l’Incarnazione del Figlio, Dio sembrava aver limitato le sue possibilità. In verità però queste furono infinitamente ampliate: ella poté essere contemporaneamente vergine e Madre e quindi realizzare l’essenza del femminile al di là di ogni speranza. E la nascita del Figlio non significò una limitazione della sua vocazione di Madre, bensì pose al di là di ogni aspettativa un’origine nel mondo, la insediò veramente nella maternità universale».

Madre e Figlio sono insieme, e la Madre sa che l’Ora del Figlio è giunta.

Sa che si tratta dell’inizio della rivelazione della sua missione. Inoltre sa che rientra nella propria missione personale indicare e stabilire tale ora.

Ella ha già vissuto l’Ora della sua concezione nel proprio seno: mediante il proprio pronto assenso aveva contribuito allora a determinare quell’ora.

Anche l’Ora della sua nascita era stata da lei determinata, perché in qualità di Madre era stata la causa della nascita del Figlio. Ora è giunta l’Ora della missione del Figlio, e anche qui ella dovrà dire la sua parola. Mediante il suo sì allo Spirito ella ha cominciato a determinare l’Ora del Signore; in tal modo lo spirituale divenne corporeo in lei. L’ora della nascita è stata determinata dal corporeo, e attraverso il corporeo ella ritorna allo Spirito, che rimane il suo costante accompagnatore e che ella mai abbandona, perché vive sempre in Dio: il Padre l’ha eletta e predestinata, il Figlio è passato attraverso di lei, lo Spirito rimane su di lei.

Così nello Spirito ella diventa la compagna del Figlio, che fa tutto quel che fa nello Spirito e mediante lo Spirito. L’ora, che è giunta, è l’Ora della rivelazione della missione del suo Figlio, lo Spirito ha stabilito tale ora, e anche la Madre ha partecipato a tale determinazione. Ella però vede l’Ora così come può e deve vederla nella sua qualità di donna e Madre. La vede necessariamente in una luce diversa da quella del Figlio.

ADRIENNE VON SPEYR, Il Verbo si fa carne. San Giovanni. Esposizione contemplativa del suo Vangelo.

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L’opera. La piccola tempera su tavola versava in cattive condizioni quando, nel lontano 1975, fu recuperata dai depositi del Museo Diocesano e liberata da una pesante ridipintura seicentesca.

Sebbene il restauro avesse restituito un’opera piuttosto abrasa e con cadute di colore, la sua qualità apparve indiscutibile, tanto che aprì un importante dibattito attributivo.

La Vergine, nonostante i danneggiamenti della superficie, era straordinariamente raffinata e ricalcava gli esemplari di Simone Martini. Il fondo oro era riccamente punzonato nelle aureole e lungo tutto il contorno, proprio come era in uso nella bottega di Martini. Le scoperte indussero gli studiosi ad indagare tra le personalità minori, ma di buona mano, che ruotavano intorno al più famoso senese. 

La tavola cuspidata, che faceva sicuramente parte di un piccolo dittico o trittico devozionale, fu riferita in un primo momento al Maestro della Madonna Straus per poi passare ad attribuzioni più circoscritte che portarono a Donato Martini, fratello di Simone. Personalità ancora poco nota e molto nebulosa (di lui si conoscono pochi dati biografici, che si riducono ad una citazione in un documento del 1324, al viaggio ad Avignone nella seconda metà del quarto decennio insieme al fratello e alla morte nel 1347) gli si attribuisce un corpus di opere raggruppate per affinità stilistica, ma che non sono certamente assegnabili a nessuna personalità certa e che sono transitate tra i nomi di Donato e del Maestro della Madonna Straus.

Nella elegante tavoletta grossetana è raffigurata la Vergine con in braccio il Bambino che a sua volta tiene nella mano destra un uccellino, mentre con la sinistra afferra teneramente l’abito di sua madre. Gesù è vivace, si muove, ha braccia morbide e rotonde, mentre Maria sembra una principessa, con indosso ricchi tessuti, che mostrano una raffinatezza evidente sia nel morbido ricadere dei panni che nei calligrafici decori in oro.

L’immagine di Maria, un po’ ieratica e astratta, la finezza del trattamento del fondo oro, la tenerezza dei gesti di Gesù Bambino, pongono la qualità della tavola assai vicina al linguaggio alto di Simone Martini, facendoci qualificare l’autore del quadro come uno dei più attenti interpreti usciti dalla cerchia martiniana.

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