L’Eucaristia è quel pane spezzato che – a dispetto delle regole della matematica – più si divide e più si moltiplica. Tuttavia Dio non moltiplica senza che noi diamo del nostro: «La nostra fede, la nostra esperienza nel rapporto con il Signore è quella di offrire il nostro poco, perché
l’Eucaristia ha un significato se parte da un’offerta: Dio non fa niente se non si offre niente».
Potremmo sintetizzare così l’omelia pronunciata dal vescovo Bernardino nella Messa solenne con cui, nella serata di giovedì 19 giugno, è
stato solennemente celebrato il Corpus Domini tra le parrocchie della città. Un appuntamento che ha coinvolto anche un buon numero di bambini di varie comunità che nelle scorse settimane si sono accostati per la prima volta alla Comunione. Indossando le loro vesti bianche hanno sfilato in processione dietro a Gesù Eucaristia assieme ai loro parroci e a tanta gente, che non ha voluto mancare questo momento
importante dell’anno liturgico.
Le origini del Corpus Domini risalgono alla metà del XIII secolo in Belgio come risposta alle teorie del filosofo francese Berengario di Tours, che negava la transustanziazione, ovvero la presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Nel 1263, poi, a Bolsena avvenne il celebre miracolo eucaristico, che coinvolse un prete boemo, Pietro da Praga, che, celebrando la Messa nella chiesa di Santa Cristina e nutrendo dubbi sulla
presenza del corpo e del sangue di Cristo nell’Eucaristia, mentre elevò l’ostia consacrata, vide sgorgare da essa copiosamente, che macchiò il corporale. Papa Urbano IV, che si trovava a Orvieto, proclamò il miracolo. L’11 agosto del 1264 lo stesso Papa promulgò la bolla Transitus de hoc mundo e la solennità fu estesa a tutta la Chiesa cattolica.
Ed è una festa provvidenziale, perchè ogni anno ci rimette davanti al mistero e al dono immenso della presenza viva e vera di Gesù nel pane e nel vino consacrati. Il Vangelo proclamato nella solennità del Corpus Domini è stato quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che
ha offerto al Vescovo lo spunto per riflettere sul fatto che, celebrare questa festa significhi «andare al centro della nostra esperienza di fede, portare la presenza di Gesù nella nostra città, riconoscere che seguiamo quella Presenza, che non è solo in un luogo, ma in una via, in un corso, là dove siamo, come siamo». E allora questa presenza «ha da dirci qualche cosa per la storia e per la vita di ognuno di noi». Questa festa, infatti, «celebra la relazione che tutti noi abbiamo con Dio – ha osservato il Vescovo – che non è fatta di astrazione, stare – tra virgolette – sulle nuvole, ma di una realtà, molto concreta: il cibo! Noi ci sosteniamo attraverso quella presenza! E allora Gesù annuncia il Regno di Dio, cura le folle, ma è per sottolineare quello che sta per compiere e per sottolineare quello che ha predicato e quello che ha operato nel corso di quella giornata».
Il Vescovo ha analizzato il rapporto che, 5nel racconto evangelico, emerge fra Gesù e i discepoli. Umanamente, infatti, questi ultimi reagiscono alla mancanza di cibo per quella folla sterminata dicendo a Gesù: «lascia che vadano nei villaggi vicini a precurarselo». Come
dire: che si arrangino. Invece «la strategia del Signore è un’altra – ha osservato il Vescovo -: Lui non risolve il problema da solo, ma vuole coinvolgere i suoi amici discepoli». In altre parole, «quel bisogno che ha l’altro non lo soddisfa solo Lui, ma fa in modo che sia condiviso anche da me. Gesù «ha bisogno di loro dei discepoli) e anche dei loro pani, di quello che loro hanno a disposizione per poter risolvere il
bisogno di chi gli è accanto». Sembra un paradosso: «Siamo affamati noi e ci chiami a soddisfare la fame altrui?… Ma nel soddisfare il bisogno degli altri, che è anche il nostro, è saziata anche la nostra fame», è stata la riflessione del Vescovo. Che poi ha esortato i presenti
ad assumere un’altra prospettiva: «Metti a disposizione il poco che hai, perchè a partire da quel poco c’è una soluzione non solo al problema altrui, ma anche al tuo, perché è soddisfatta anche la tua fame! È qui – ha proseguito – il punto che ci coinvolge tutti, è qui il salto che
ognuno di noi è chiamato a fare: consegna a Dio quel poco che hai attraverso il problema che stai vivendo!». In questa traiettoria «il
rapporto con Dio diventa un’opportunità nel consegnare anche quel poco che ho e con cui non risolverò il mio problema, ma lo consegno a Lui, così come hanno fatto i discepoli». È in questo modo che «i nostri problemi diventano il luogo dell’incontro con il Signore», perchè «la
potenza di Dio non elimina la nostra fragilità, ma ne fa il luogo dove ci troviamo e prendiamo pace con Lui».
Si tratta di imparare proprio da Gesù, che quel giorno, di fronte a quella folla affamata, ha preso il poco che gli era stato consegnato «e Lui stesso ha alzato gli occhi verso il Padre: con quel poco offro a te Signore». «Forse – ha continuato il Vescovo – questo Vangelo e questa festa ci aiutano ad affrontare ciò che ci supera, ciò che è più grande di noi, ciò in cui non poniamo speranza».
Infatti, «la nostra fede, la nostra esperienza nel rapporto con il Signore è quella di offrire il nostro poco, perché l’Eucaristia ha un significato se parte da un’offerta: Dio non fa niente se non offri niente!».