27 aprile 2024

Il ritorno in Cattedrale, dopo tre anni, della venerata immagine della Madonna delle Grazie

Il trasferimento della tavola dal palazzo vescovile al Duomo, poi il Rosario e la Messa

La Madonna delle Grazie è tornata nella cattedrale dopo tre anni di «assenza» perché la tavola quattrocentesca era stata trasferita a Siena per essere sottoposta a un intervento di restauro conservativo.

Nel pomeriggio di sabato 27 aprile il dipinto della Vergine Assunta venerata dai grossetani col titolo di Madonna delle Grazie è stato trasferito dal palazzo vescovile, dove era stato portato lo scorso 23 aprile di rientro da Siena, alla cattedrale.

Le operazioni, curate dal Capitolo della cattedrale, sono state effettuate dall’impresa Grandini. La sacra immagine è stata scortata da due
carabinieri e da due agenti della Municipale. Giunta sul sagrato del Duomo ha ricevuto il bacio del proposto del Capitolo, il canonico don
Ivano Rossi, che assieme ad altri canonici e alla presidente della Congregazione mariana, Valeria Maggi, ha fatto ingresso in cattedrale. Fino al 9 maggio l’immagine sarà esposta alla venerazione dei fedeli all’interno della «macchina processionale» collocata sull’antico altar maggiore.

Terminate le solenni feste quinquennali, l’immagine tornerà nella sua collocazione consueta, nella nicchia della cappella a lei dedicata,
santuario mariano diocesano. Un applauso è partito dall’assemblea nel momento in cui la tavola è stata ostesa alla visione di tutti.
La cerimonia di accoglienza, seguita dal Rosario e dalla Messa prefestiva, sono stati trasmessi in diretta su Tv9.

Guarda il video:

  • OMELIA

Dopo l’accoglienza dell’icona della Madonna delle Grazie e la preghiera del Rosario, in cattedrale si è tenuta la Messa prefestiva, che è stata celebrata da don Marco Gentile, il più giovane fra i canonici.
Riportiamo di seguito l’omelia da lui pronunciata.

C’è un popolo, che desidera essere felice.

C’è un popolo che desidera la gioia, che va in cerca della felicità; che è alla ricerca di pienezza; anzi, che cerca la patria della gioia, cerca la porta della tenda dove abita la pienezza della vita. Questo popolo è l’umanità intera. Ma ad uno sguardo più attento possiamo riconoscere che
fra questo popolo ci sono alcuni che non riescono più ad accontentarsi di gioie qualunque, che non cercano più le gioie di un momento, non le occasione per rincorrere e accontentare ogni proprio capriccio ad ogni costo; non gioie ingannevoli ed egoiste, che rendono chiusi, violenti, irresponsabili e intolleranti. Non desiderano più queste gioie, perché tante volte sono stati ingannati da promesse di gioie facili e hanno imparato che non si diventa felici con le proprie forze, cercando di impadronirsi della vita come se fosse propria, senza riconoscere invece che
la vita, come la gioia che essa desidera, è un dono che nessuno può darsi da solo o conquistare da solo.

Questo popolo cerca la gioia che viene donata, vita da ricevere continuamente in dono; non cerca più le gioie esteriori da attaccare come
qualcosa di esterno alla propria vita. Ora questo popolo cerca grazie: grazie donate; cerca, fra tutte le grazie, quella grazia unica, che fa felice la vita. E parte di questo popolo, che cerca la grazia della pienezza della vita, siamo noi. Anche la Chiesa, forse soprattutto la Chiesa, si colloca
dentro questo popolo. Noi, gregge del Signore, che conosciamo la sua voce e siamo conosciuti da Lui – come abbiamo ascoltato dal Vangelo domenica scorsa (21 aprile, ndr) – sentiamo proprio nella Chiesa risuonare questa indicazione materna: la gioia che noi cerchiamo è nel Signore! E nella Chiesa sentiamo risuonare la voce di Gesù stesso, che dice: «Rimanete in me ed io in voi. Chi rimane in me porta molto frutto», perché «senza di me non potete far nulla». E «molto frutto» è il segno di una vita realizzata, il segno di una vita feconda, di chi ha compiuto la sua vocazione di uomo, di figlio di Dio. E in questo, dice Gesù, è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. È una pienezza, una fecondità, un’abbondanza di frutto, che è offerta a tutti.

Ecco qual è la gioia donata! Ecco in quale patria risiede e governa la gioia per tutti e su tutti: è dove si crede nel nome del Figlio di Dio,
Gesù Cristo, e ci si ama gli uni gli altri «non a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità». È dove, anche se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, si scopre che Dio è più grande del nostro cuore; dove si diventa discepoli e la Chiesa vive in pace, si consolida e cresce nel timore del signore con il conforto dello spirito, innestata in Cristo, che è la vite vera, curata e potata dal padre, che recide i tralci secchi, perché portiamo più frutto fino al giorno glorioso del Signore.

È vero, la gioia è nel Signore e lui può chiederci di rimanere in Lui, può chiederci di vivere nella sua pienezza, perché anzitutto lui rimane con noi, in noi: nella Chiesa, nella sua Parola proclamata, nel memoriale della sua morte e della sua resurrezione, che noi anche adesso celebriamo consacrando il pane e il vino, obbedienti al suo comando. E proprio oggi, accogliendo finalmente e di nuovo l’icona di Maria, Madonna delle Grazie, noi vogliamo riconoscere in lei la porta della tenda dove abita la gioia; l’ingresso solenne alla città della gioia, alla patria dell’umanità che vive in pienezza, perché lei è il modello dell’umanità, invitata dall’angelo a rallegrarsi; lei è l’esempio di chi sa rimanere nel Signore.

Nell’icona, si presenta a noi come una donna vergine e madre, incinta, con il grembo riempito di quella pienezza che l’universo non può contenere, ma che ora si offre a noi, per nascere nel mondo e nella nostra vita. Il manto della Madonna delle Grazie con il messaggio
dell’angelo e le mani di Maria in preghiera racchiudono l’unico motivo per cui questa umile serva accetta di offrirsi a noi; l’unico motivo per cui Maria oggi accetta di lasciarsi guardare e venerare: è il suo grembo; è il figlio che porta in sé, Gesù. Perchè Maria lo sa: la gioia è nel Signore e senza di lui noi non possiamo far nulla. Neanche Maria.

Lei, capace di accogliere la Parola, di far carne in lei Dio stesso, di generarlo nel mondo, di presentarlo e di offrirlo, è l’immagine perfetta della Chiesa e del suo portare frutto; della Chiesa e del suo compimento e anche della sua missione.

Fratelli e sorelle, noi non ne abbiamo una diversa se non questa imitazione dell’unica missione di Maria e della Chiesa. Lei è l’immagine
del discepolo fedele, sempre presente nella vita di Gesù e della Chiesa; lei è, secondo la parola dei padri, l’agnella, capace di unirsi alla vita del figlio. Lei è il modello di ogni madre e famiglia; lei è il modello della vita consacrata: verginità tanto feconda, da generare il figlio autore della vita.

Anche la nostra generazione, allora, è chiamata a dirla beata e anche noi ci rivolgiamo in preghiera a Maria, perché noi, che cerchiamo la gioia, possiamo raggiungerla per mezzo di lei.
Benedetta tu, fra tutte le donne e benedetto, o Maria, il frutto del tuo seno. (da registrazione)

Don Marco Gentile

Canonico del Capitolo della Cattedrale e sacrista
Maestro delle Celebrazioni liturgiche episcopali

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