“Il tuo volto, Signore, io cerco”: relazione del vescovo Rodolfo all’apertura del Siloe Film Festival 2015

Grazie, Pace e bene a tutti!

Tra i graffi e le carezze della vita ho “grattato” in questi mesi la Parola e tra ieri sera e stamane ho raccolto questi appunti, che vi leggerò per non rubare troppo tempo.

Proprio ieri sera, mentre celebravo la Messa nella memoria liturgica di Santa Maria Maddalena, ho pensato al Siloe Film Festival e al tema della ricerca del Volto, perché tra le poche parole del Vangelo che raccontano il privilegio della Maddalena di essere la prima a vedere il Risorto, c’è proprio un itinerario di ricerca di un volto: la ricerca, la perdita, il pianto per non trovarlo più, il sentirsi chiamare per nome, il riconoscere-ritrovare, e il suo grido: “Rabbunì”, maestro, o meglio, maestro mio!

Oggi, invece, celebriamo santa Brigida di Svezia, un’altra figura grande di cercatrice di Dio, ma anche di cercatrice di persone: donna, madre, nobile, pellegrina, fondatrice.

Due donne, due sguardi, due epoche, due vie che fanno da sfondo a questo nostro ritrovarsi.

“Fammi vedere il tuo volto!”: ricerca del volto di sé, dell’altro e dell’Altro.

Il tema della ricerca del volto è bello perché è il tema di una vita, forse potremmo dire che è il tema della vita, il tema di ogni vita: dal primo trovarsi di un bambino davanti allo specchio, al riflettersi negli occhi di qualcuno che ti ama o che tu ami, all’accorgersi di se stessi o dell’altro, all’avvicinamento, all’incontro. E in questo anche trovarsi povero, perché quando scopri che c’è l’altro diverso da te, scopri che l’altro ha qualcosa in più e ti fa sentire povero, e talvolta ti fa tentare di “rubare” quello che lui ha o che lui è o di dominarlo, oppure accoglierlo come pienezza della tua povertà. Pienezza proprio perché è inafferrabile, è indomabile, ma è presenza libera che ti si propone, che entra nella tua vita. E poi scoprire che la tua povertà può diventare ricchezza. per l’altro, anch’egli povero.

E’ così che si sperimenta il passaggio dalla paura al desiderio, dalla sofferenza al gaudio del cercare.

Trovare e, allo stesso tempo, continuamente cercare, in un itinerario certamente infinito. Amo molto viaggiare, osservare: ogni tanto mi invitano da qualche parte e mi tocca declinare perché ho da fare il vescovo! Ma c’è l’eternità, inventata da Dio perché noi non possiamo, nel breve tempo che abbiamo a disposizione, incontrare tutto quello che vorremmo.

Questa ricerca continua passa nella introspezione dell’eremita, ma anche nel viaggiare del geografo e nel viaggiatore tra gli affetti: siamo tutti viaggiatori tra gli affetti, tutti un po’ pellegrino russo, tutti un po’ Ulisse, tutti un po’ seminatori, tutti un po’ questuanti in questo itinerario.

Credo che i dodici film scelti per il Festival, tra i tanti di più che si erano candidati e che dicono l’abbondanza di come questo tema tocca anche la filmologia, in qualche modo daranno corpo a queste misure umane con risonanze, volti, storie diverse, ognuna compiuta, ma anche incompleta; ognuna capace di ricevere dall’altra; ognuna provocata a non dirsi sufficiente, bastevole a se stessa. In altre parole: ognuna bisognosa.

Un questi giorni arricchiremo, dunque, il nostro itinerario di cercatori avendo anche come compagni di viaggio queste immagini e queste pellicole.

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La mia riflessione introduttiva è una risonanza personale per diversi motivi.

1.Un motivo di condivisione e di appoggio a questo itinerario proposto dal Siloe Film Festival e dal Progetto culturale della CEI. E’ un contributo bello che viene offerto qui in terra di Maremma, dove la bellezza – tema dell’anno scorso – ha le sue caratteristiche forti, anche spigolose, e dove tutto quanto è arte, poesia e viene portato qui, grazie agli organizzatori, in ogni espressione visiva, sonora e ogni sua offerta organizzativa è un arricchimento per questa terra, è un dono per tutti: per la nostra Chiesa, per la società maremmana, per le persone, perché sono le persone, i cuori, le menti, le mani che fanno terra, fanno società, fanno comunità; sono le persone che cercano.

Questo luogo e queste iniziative sanno far incontrare, sanno far cercare, sanno intercambiare doni e storie. E questo serve anche a far cercare il volto di sé, il volto degli altri e dell’Altro, aprendosi, specchiandosi, ascoltando e contemplando l’altro, facendo silenzio – il luogo aiuta – o dialogando.

L’incontro, specie se non del tutto atteso e costruito, può sorprendere, può far guardare senza paura anche ai dubbi, alle ferite, alle oscurità e alle difficoltà di ogni ricerca e di ogni cammino.

  1. Un motivo di speranza. Alcune settimane fa è stato a Grosseto un pensatore ucraino, Filonenko. Ha raccontato agli studenti del liceo “Chelli” e a quanti lo hanno ascoltato il suo itinerario di conoscenza di sé, di cammino alla ricerca del Volto. Il suo itinerario è iniziato sotto il regime sovietico: lui studente senza alcuna voglia di studiare, poi improvvisa la meraviglia, grazie all’incontro con un docente di fisica, che lo fece aprire alla scienza ed egli ci si buttò a tutto corpo, fino a diventare un brillante docente universitario di Fisica nucleare, poi filosofo, poi teologo, in un itinerario che, nel racconto, appariva naturalissimo (non è tanto normale passare dagli studi di fisica nucleare, alla filosofia e alla teologia).

Una volta scattati lo stupore e la meraviglia di cogliere il volto delle cose, tutto era diventato un itinerario normale, crescente, alla scoperta del volto di tutto: di sé, dei suoi figli, dell’atomo, di Dio… E tutto veniva narrato come fa un amico con l’amico: semplicemente, stando a tavola. Un volto che era stato provocato a nascere dallo stupore, un volto che si manifestava – mentre raccontava – e, direi, stuzzicava, rassicurava, confortava in noi uditori la voglia, il desiderio, la certezza di avere un volto e poterlo trovare.

A un certo momento ha usato una espressione: “E’ brutto pensare che tanti possano vivere una vita intera senza incontrare se stessi!”

Ecco perché guardo con speranza al Siloe Film festival e al tema proposto: perché basta un nulla per suscitare un cammino di ricerca.

Filonenko ha, poi, aggiunto: “Nella noia degli anni di studio (prima di questo passaggio avvenuto in lui) mi piaceva solo vedere un clown…. Avrei voluto essere un clown. Poi scoppiò lo stupore della scienza, l’università, la docenza, poi lo stupore del pensiero e della filosofia, poi della fede e della teologia… Ora racconto queste cose ai miei figli e a voi, così, quasi volendo essere di nuovo un clown!”

E’ bello: il clown, che era l’unica meraviglia che vedeva in quel piattume. Anche un semplice gesto può generare una voglia, un desiderio, può stimolare un cammino, un confronto, può rivelare che sono in perdita rispetto a quel momento, oppure può ridarmi quel cammino.

La speranza è che il Siloe Film Festival susciti qualcosa del genere, come quella sera in me, in tanti ha fatto questo scienziato-filosofo-teologo.

3.Il terzo motivo è lo sfondo biblico. La Parola è il cibo di ogni giorno, non se ne può fare a meno, specie grazie alla Liturgia. E’ per me lo spazio che mi ha “creato dentro” negli anni di studio, a Roma e soprattutto a Gerusalemme. E col passare degli anni la Bibbia mi è apparsa sempre di più come il sedimentarsi di tanta umanità, di tanti incontri.

E in termini meno statici del sedimentarsi, mi pare un accumularsi di potenza, di capacità umano-spirituale con grande forza generatrice, capace di far da specchio al mio animo e al mio vivere, alle mie domande, a tante esigenze e storie che attraversano il mondo.

Così, con questa densità essa è Parola di Dio, è opera dello Spirito in parole ed eventi di carne, umanissimi: Dio e uomo vi si cercano, vi si scontrano, vi si cercano e si ricercano di nuovo, si ritrovano e si riperdono e non si esaurisce mai questa misura, questa relazione esistente, essenziale, ontologica, indispensabile, e sempre di possibile smarrimento e sempre di necessaria realizzazione.

In storie e vicende umane semplici e drammatiche, dalle parole semplicissime di Gesù alle storie di fondazione del mondo nella Genesi, alle vicende drammatiche di Gerusalemme sposa, prostituta, amante, figlia, ai canti e alle preghiere del tempio, al grido di guerra, ai lamenti mortali dell’esilio, dalle parole di odio e fino allo sterminio alle parole di infinito amore, vorrei ripetere e far rivibrare questi “accumuli di potenza”, cercando e ripetendo parole semplici ed essenziali, che attraversano un po’ tutti i libri della Bibbia.

Le parole sono: volto, faccia, cercare, vedere, mostrare.

Saranno solo poco più che citazioni, pezzi, quindi, staccati, “tagliati”, per ognuna delle quali sarebbe bello poter offrire uno sfondo esistenziale, o almeno la vicenda che ha generato quelle parole: un dolore, una ricerca, una preghiera, un’ingiustizia, una carezza. Non è possibile farlo stasera, ma questa impossibilità può essere – ed è la prospettiva che vi offro – una occasione per noi: fare noi da sfondo, lasciarle poggiare noi, queste citazioni, sulla nostra vita di oggi, permettere per un attimo o in questi giorni di radicarle nel vissuto personale di ognuno, tra i graffi e le carezze della vita, ascoltarle come nuove, pur  se sono tutte parole che abbiamo già sentito.

Parole e storie di uomini come noi, che possono suscitare domande o illuminare quelle che già abbiamo; possono porsi accanto alle luci che già illuminano il mio cammino, possono ravvivarle o farle apparire piccole o aiutarle a vibrare meglio come fa l’ossigeno quando arriva ad una fiammella.

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Vorrei iniziare con un testo storico, contenuto nel Secondo libro delle Cronache (2 Cron 34,3), riferito al re Giosia, il quale regna il Israele per 31 anni divenendo re a 8.

Il testo dice:

“Nell’anno ottavo del suo regno, quando era ancora un ragazzo, cominciò a ricercare il Dio di Davide suo padre. Nell’anno decimosecondo cominciò a purificare Giuda e Gerusalemme, eliminando le alture,

 i pali sacri e gli idoli scolpiti o fusi”.

 

La ricerca di ciò che già gli apparteneva per cultura, per educazione, per eredità, per dovere, diventa, nella sua giovanissima età, un fatto personale: “Nell’anno ottavo del suo regno, quando era ancora un ragazzo, cominciò a ricercare il Dio di Davide suo padre”.

Dopo quattro anni se ne vedono gli effetti. La maturità arriva attraverso il suo cercare il Dio del padre Davide, con i suoi effetti: la conoscenza la porta a fare delle scelte (politiche, morali, economiche…); trovando Dio vuol cancellare ciò che è falso nella sua città, ciò che è importato (gli altari degli dei), ciò che è immagine, ma che non è reale per la storia e il cuore di quel popolo.

La ricerca del Volto del suo Dio e del Dio di suo padre – anche questo sarebbe un tema da approfondire – fa ritrovare una identità, una maturità propria e una dimensione al suo servizio al popolo.

Passo subito a un’altra venatura, che caratterizza la ricerca del volto nella Bibbia: è la venatura dell’amore contenuto nel Cantico dei Cantici (3, 1-4).

Dice l’innamorata:

“Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
l’amato del mio cuore;
l’ho cercato, ma non l’ho trovato.
«Mi alzerò e farò il giro della città;
per le strade e per le piazze;
voglio cercare l’amato del mio cuore».
L’ho cercato, ma non l’ho trovato.
Mi hanno incontrato le guardie che fanno la ronda:
«Avete visto l’amato del mio cuore?».
Da poco le avevo oltrepassate,
quando trovai l’amato del mio cuore.
Lo strinsi fortemente e non lo lascerò
finché non l’abbia condotto in casa di mia madre”

La ricerca del volto è intimità, dà coraggio di uscire fuori dalla propria camera, dal proprio comodo, da là dove trovi già tutto e andare fuori, rischiare nella notte e chiedere ad altri, ma nessuno sa dirti nulla, mai, di quello che tu cerchi davvero. Nessuno sa dirti nulla mai!

Mi viene in mente san Francesco, che nel Testamento, a proposito dell’inizio della sua ricerca, dice: “Nessuno mi mostrava quello che dovessi fare”. (FF. 116)

Il tuo che solo tu puoi cercare, lo puoi trovare, lo puoi abbracciare solo oltrepassando…oltrepassando la ronda, oltrepassando le domande di coloro ai quali ti rivolgi e che non ti sanno dire, né ti sanno dare Colui che stai cercando.

Questo desiderio diventa bisogno di una conoscenza stabile: la ragazza vuole introdurre il suo amato nella casa di sua madre. Ellla vuol costruire u rapporto, vuol costruire una storia, vuol rendere quel legame fecondo.

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La Bibbia mostra la ricerca del volto da parte del credente ebreo e del cristiano, ma c’è un testo che può sorprenderci. Mi riferisco all’ultimo Isaia, capitolo 64 (Is 64,11), dove troviamo una domanda piena di angoscia davanti alla rovina di Gerusalemme, alla rovina del popolo, alla rovina del tempio. Si domanda questo a Dio:

“Resterai ancora insensibile, o Signore, tacerai e ci umilierai sino in fondo?”

Una domanda che è vivere fino in fondo l’umiliazione, il non essere, il non esserci…

A questo capitolo segue il 65, il capitolo della grande speranza, in cui si profetizza del lupo e dell’agnello che pascoleranno insieme e del bimbo che giocherà sulla buca dell’aspide e non riceverà alcun male. Un capitolo che risponde così alla grande domanda se Dio resterà ancora insensibile:

“Mi feci ricercare da chi non mi interrogava, mi feci trovare da chi non mi cercava” (Is 65,1)

In questa ricerca del volto c’è un volersi far trovare da parte di Dio. Ci può essere una critica: vuol farsi trovare da chi non lo cercava… In realtà è una grande speranza: Dio vuol farsi trovare da tutti, è un suo bisogno!

La citazione termina così:

“Dissi: «Eccomi, eccomi> a gente che non invocava il mio nome”. (Is 65,2)

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Dopo queste citazioni, vorrei toccare alcune risonanze alla parola Volto.

Attorno a questa parola-chiave della Bibbia, girano altri termini che caricano questa parola di tanti valori. Li cito soltanto:

cercare, con tutto quello che significa; nascondere; mostrare; contemplare; far splendere; brillare; vedere; respingere; rischiarare; pulire.

Si hanno immagini tipiche della Bibbia, in cui altre parole ne spiegano altre. Pensiamo alla parola nascondere: se nascondi il tuo volto, le persone vedono la loro fine, se ti nascondi si cade nel nulla; se mostri il tuo volto con giubilo, eserciti la giustizia; se nascondi il tuo volto, significa che dimentichi… Dinanzi al tuo volto ci si riempie di gioia… nascondere il volto è uguale a respingere con ira… il volto posto contro è come cancellare dalla terra….far splendere è salvare… se nascondi il tuo volto muoiono…

Sono tutte citazioni che possiamo ritrovare nella Bibbia.

Vedere il volto è una esigenza essenziale, ontologica, o – per dirla con la Scrittura – una esigenza del cuore. Nella Bibbia è il cuore il centro emotivo e volitivo della persona.

“Di te ha detto il mio cuore (la parte più profonda di me) cercate il suo volto; il tuo volto Signore io cerco!” (Sal 26)

Cercandoti obbedisco a me stesso, metto in atto ciò che c’è di più profondo in me.

“L’anima mia ha sete del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 41)

Il volto rivela: può essere abbattuto, può essere non più come prima; da esso si riconosce se l’uomo ha senno o meno. E la malvagità rende il volto tetro come un orso, dice la Bibbia.

Ogni volta, ma specialmente quando ci si riferisce al volto di Dio, appare un volto desiderato, amato e anche temuto; sostiene nell’esistenza le cose e le persone, ma è pericoloso. Chi lo vede muore: non si può vedere Dio  e restare in vita. E chi gli sta dinanzi faccia a faccia – le poche persone che hanno avuto questo privilegio: Mosè, Elia – ne ha come il volto bruciato, reso incandescente, tanto che gli altri non possono guardarlo.

Ricordate Mosè, che dopo essere stato dinanzi al volto di Dio, a tu per tu, faccia a faccia con Lui, scende tra la popolazione, che però non lo può guardare ed egli deve coprirsi il volto?

Volto pericoloso eppure non vi è più nulla di desiderabile di quel Volto. Tutti i salmi sono un canto al volto di Dio, cercato, amato!

E a questa caratteristica di vedere il volto di Dio mi piace farvi avvicinare un racconto delicato, bello, materno. Riguarda Anna, la madre del piccolo Samuele, che molto ha pregato e pianto per avere questo figlio. Nel momento in cui suo marito Elkana le dice, insieme alla sua famiglia, di tornare al tempio a ringraziare Dio per la nascita, Anna risponde di no, dicendo di volersi dedicare al bambino finché non avrà potuto svezzarlo. La donna si dedica al piccolo con tutta se stessa.

Sentiamo che cosa dice pensando al tema di vedere il volto e aver paura di morire:

“Allora potrò condurlo a vedere il volto del Signore e là resterà per sempre” (1Sam 1, 22)

Un volto che può uccidere, un volto dinanzi a cui si può restare a tu per tu per sempre e vivere nella vera pienezza la propria vita.

Queste caratteristiche estreme appaiono ancor più ben stagliate nei testi dei profeti: il furore dell’ira, ma anche la dolcezza di Colui che prende per mano e fa crescere e porta a sé il suo popolo come fa un padre, che accosta alla propria guancia il suo piccolo (potremmo prendere molti testi di Isaia o di Osea).

“Ho vòlto la faccia contro questa città a suo danno e non a suo bene. Oracolo del Signore. Essa sarà messa nelle mani del re di Babilonia, il quale la brucerà con il fuoco”. (Ger 21, 10)

Un volto vòlto contro porta alla distruzione.

Ma poi:

“Non nasconderò più loro il mio volto, perché diffonderò il mio spirito sulla casa d’Israele”. (Ez 39,29)

Il volto è permettere al suo spirito, cioè alla sua vita, di penetrare.

Allora “Egli si convertirà a voi e non vi nasconderà più il suo volto” (Tob 13, 6)

Sono risonanze di testi di storia, di poesia, di preghiera, di invocazione, di denuncia sempre intorno al tema della ricerca del volto o di stare dinanzi al volto.

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Vado verso la chiusura offrendo qualche altra risonanza, a cui possiamo poi dare noi risonanza! In queste dinamiche – faccio una piccola nota – sono passati uomini come noi. Vorrei solo rammentarne alcuni: Abramo, Giacobbe, Mosè, Geremia, Osea, David, Ezechiele, Elia Pietro, Paolo…

Forse uno dei modi per vivere una spiritualità biblica che entri nella nostra umanità e nel nostro ricercare il volto di Dio, potrebbe essere proprio esaminare la Parola di Dio vedendo l’itinerario di questi uomini come noi: cercatori o cercati?

Siamo imbevuti di una cultura che tende a partire sempre dall’uomo: è lui che inizia, è lui che scava, è lui che rifiuta. La Bibbia può essere letta in modo inverso: in Genesi è Dio che cerca l’uomo e gli chiede: “Dove sei?” (Gen 1,9) E’ Lui a cercare e ricercare il volto dell’uomo e nel ricercarlo Egli rivela il proprio volto.

Ha organizzato la creazione godendo di essa, ogni giorno, ma il culmine è quando crea a propria immagine, quando mostra il Suo volto e lo rende visibile nell’Adam, uomo e donna, maschio e femmina: lì è il “molto buono”, lì è il gaudium di Dio, lì è il punto di arrivo della sua ricerca. E ogni volta che cercherà il volto del Suo popolo che si è allontanato ripetutamente da Lui, arriverà a dire: ti uso misericordia, ti ridò un volto, perché non lo hai più e io lo recupero guardando il mio volto, al mio inspiegabile amore verso di te, del quale non ho bisogno, ma di cui non posso fare a meno!

Questo è il rapporto di Dio con noi!

E nella ricerca dell’uomo tramite il Figlio fatto uomo, ne prenderà il primo volto (Adamo), si coprirà di tutti i volti di cui l’uomo si è coperto (nella Passione) e apparirà dentro questa storia di amore appassionato con quel volto trasfigurato della Resurrezione, che è il volto dopo la passione, il volto del “dopo aver amato fino alla fine”…

Guardando l’uomo si immedesima in Lui, mostra se stesso, propone se stesso.

Vorrei terminare con alcuni flash, con uno “spezzone” – per restare nel linguaggio cinematografico – sulla storia di Elia. Anche lui uno dei cercati, ma costretto dalla vita ad essere un cercatore di Dio e a plasmare o a veder plasmata la propria vicenda dalla sua storia. Una storia drammatica, bellissima.

La sua esperienza di profeta è faticosissima, ma parte da una grande sicurezza: sa del suo Dio, lo conosce, è sicuro di sé, sa quel che Dio gli dice e lo riporta con forza al suo popolo e vede che dirlo con la forza con cui lo conosce realizza nella storia quella siccità che Dio minacciava. E con questa forza interviene nella storia e la determina.

Ma la storia resa pesante da lui e dal suo Dio, cade a sua volta su di lui, coi pesi che anche gli altri portano: la siccità, la povertà, la caduta economica…e  in lui aumenta l’insicurezza, fino ad essere accusato egli stesso per quello che sta accadendo. Ma anche in questa circostanza, Elia avrà la sicurezza di sentire Dio dalla sua parte. Tuttavia alla fine è come consumato e si rivolge a Dio dicendo “Basta, non ce la faccio più, non sono meglio dei miei padri! Non puoi chiedere a me più di quello che hai chiesto alla storia; meglio morire”.

Il libro dei Re racconta che Elia si mise per una giornata di cammino, senza niente con sé, nel deserto, per dire: “Voglio morire”. E lo fa per due volte, ma è come portato per forza a una situazione che lui non pensava mai: all’intimità dell’Orerb, nella grotta in cui Mosè era stato faccia a faccia con Dio ed aveva ricevuto quella legge per cui Elia aveva lottato e che gli aveva dato la forza.

In quella grotta sente l’interessarsi di Dio: “Che fai qui Elia?” (1Re 19, 11)

Ce l’ha fatto arrivare Lui per vie faticose, in un cammino in cui ci sono state luce e tenebre, ma ora Elia capisce che quel cammino era necessario per arrivare ad una relazione di conoscenza, non solo perché lui servisse il suo Dio, ma anche perché scoprisse che quel Dio si interessava di lui e anch’egli poteva starci faccia a faccia, come Mosè, come amico parla ad amico.

Questi due “spezzoni” del Dio cercatore del volto dell’uomo e di Elia come itinerario dentro la storia (dal servizio pieno di sicurezza, alla paura, alla voglia di morire, alla intimità del tu per tu che rassicura), possono darci qualche input e suscitare l’approfondimento del nostro desiderio di vedere il Volto.

E’ una speranza verso una fatica bella.

Vorrei concludere con un testo che mi è caro, di Francesco di Assisi. E’ riportato nelle “Conformitates” di Bartolomeo da Pisa, che ci riferisce una sua preghiera, per dire come la ricerca di Dio è scoperta di Lui, ma anche sempre più scoperta di sé, senza paura né dell’uno né dell’altro.

Mio Dio e mio tutto!

Chi siete voi,

mio dolcissimo Signore Iddio,

e chi sono io,

io povero vermiciattolo,

vostro servo?

Signore santissimo

io vorrei amarvi…

Signore mio Dio,

io vi dono tutto il cuor mio

e desidero ardentemente

farlo sempre di più,

se almeno lo potessi portare a compimento.

 

Grazie

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