"Facciamo festa per dire la nostra fede: crediamo alla presenza viva, reale del Signore e questo ci dà la vita, ce lo fa sentire centro della nostra esistenza"

L’omelia del vescovo Rodolfo nella celebrazione del Corpus Domini

Buona festa a tutti, fratelli e sorelle; buona solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore Gesù!

Questa festa iniziò nell’Ultima Cena, arrivò al culmine del Suo amore sulla croce, portò tanta gioia al momento della resurrezione e continua nella nostra vita. Fino ad oggi: “Ogni volta che fate questo in memoria di me”, ci assicura il Signore, perché mangiando del Suo Corpo e del Suo Sangue noi abbiamo la vita eterna.

La festa è la gioia del Signore Gesù di darsi per noi amandoci sino alla fine; la nostra festa è poterne godere, poterci credere con tutto noi stessi, desiderarlo e avere la grazia di celebrare questo mistero di vita e di amore. E’ un dono, che il Signore rinnova ogni giorno nella nostra vita, specialmente la domenica, e in questo giorno in cui solennizziamo il Corpo e Sangue di Cristo Gesù.

E’ davvero bello trovarsi tutti qui stasera: Vescovo, sacerdoti, diaconi, religiose, religiose, tutte le famiglie delle parrocchie, i nostri bambini. E’ bello perché la festa che celebriamo iniziò in una famiglia, la famiglia attorno a Gesù e continua ad essere la festa delle nostre famiglie parrocchiali, ogni volta che con fede ci riuniamo nel Suo nome. Ed è bello che sia stato scelto, come parrocchie della città, di vivere questa solennità tutti insieme, questa sera: prima qui in Cattedrale e poi portando il Santissimo Sacramento in processione nelle nostre strade.

Facciamo festa per dire la nostra fede: crediamo alla presenza viva, reale del Signore e questo ci dà la vita, ce lo fa sentire centro della nostra esistenza. Vogliamo chiedere, però, a Gesù che confermi questa nostra fede. In questo senso è stato un dono grande per voi famiglie e per voi parrocchie la Prima Comunione dei vostri bambini e delle vostre bambine: sono i momenti in cui una famiglia rivive ancor di più il dono del Signore, nei propri figli e attraverso di loro, nell’amore eterno di Dio.

Per questo desideriamo che questa festa, stasera, sia anche adorazione, nell’atteggiamento cioè di chi si mette piccolo davanti a Lui, che a sua volta si è fatto piccolo, ma che rimane nella sua grandezza: Egli è tutta la vita! E’ tutta la vita di Dio che ci viene lasciata in quel po’ di pane e di vino e noi con fede la adoriamo, ci mettiamo tutti noi stessi.

Infine la nostra fede desideriamo esprimerla, e già lo facciamo, nella preghiera, affinché la nostra fiducia cresca in noi, nei bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità parrocchiali, in noi sacerdoti, a cui è fatto il dono di essere ministri di questi misteri.

 

Vorrei che chiedessimo per tutti noi due cose: da un lato la semplicità gioiosa con cui i si sono preparati a ricevere la Prima Comunione; dall’altro quella serietà di fede forte, che ci aiuta a superare i momenti in cui la nostra vita è attraversata dal dubbio, anche in riferimento all’Eucaristia. Oggi ripensavo alle volte in cui la Chiesa ha avuto il dono dei miracoli eucaristici, come risposta ai dubbi di qualcuno. Quale emozione, sia nella prima volta in cui ci siamo accostati alla comunione, sia in coloro che si sono trovati dinanzi a questi segni del pane eucaristico che si manifestava nella sua verità di Corpo e Sangue del Signore! Penso ai miracoli di Orvieto, Lanciano, Bolsena. Ecco, stasera chiediamo questa grazia, prima di tutto per noi e poi per tutti quando andremo nelle nostre strade, creando nel nostro cuore – lo ripeto – questo senso di piccolezza davanti all’infinita ricchezza che ci è data.

Preghiamo, poi, fratelli, per i sacerdoti, per me Vescovo, per coloro che il Signore chiama: alle nostre mani, alla nostra fede, alla nostra parola è affidato il dono dell’Eucaristia. Che sappiamo portarlo davvero come il centro della nostra vita, la nostra forza, la realtà che ravviva ogni giorno la nostra fede e il nostro mettersi ogni giorno a servizio del popolo di Dio.

Preghiamo, inoltre, per i catechisti, che hanno preparato questi bambini e che sono chiamati ad aiutare a ravvivare in loro e nelle loro famiglie il dono di una fede forte, di una fede semplice, di una fede sicura che ci faccia vedere quale dignità Dio ha messo nella nostra vita. Il Signore si dona in ogni momento e si dà tutto: in quell’Eucaristia che riceviamo, tutto l’amore di Dio nel suo figlio. E questo ogni giorno, ogni volta che ci riuniamo per fare memoria di quella festa che Lui iniziò nell’Ultima Cena.

 

Abbiamo sentito il brano del Vangelo: mi soffermo brevemente per qualche sottolineatura.

E’ la prima volta che Gesù parla del Suo Corpo e del Sua Sangue che avrebbe donato.

Pochi giorni prima si era fatto carico del problema della gente che aveva fame e che non aveva dove andare a comprare cibo: aveva moltiplicato i pani e i pesci. La gente lo aveva seguito, qualcuno si era talmente entusiasmato che lo avrebbe voluto fare re, ma Gesù nel discorso pronunciato nella Sinagoga di Cafarnao (siamo al capitolo sesto di Giovanni) voleva portarli oltre. Certamente il Signore si fa vicino a noi per farsi carico anche dei problemi che abbiamo (ad esempio la fame di quella gente), ma ben più grande è il dono che Lui ha da portare a ciascuno! Più grande del pane di ogni giorno, destinato a finire; più grande – e qui Gesù rischiò molto – della manna, cioè del pane che Dio aveva dato ai loro padri nel deserto. Sì, perché il pane era Lui e chi avesse mangiato il Suo Corpo e il Suo Sangue avrebbe avuto ben più del cibo; ben più di quei qurant’anni di assistenza di Dio: poteva avere in sé la vita del Figlio di Dio, la vita eterna!

La prima reazione di chi ascoltò quelle parole fu istintiva: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” (Gv 6,52) Forse avremmo reagito così anche noi sentendo quelle parole. Molti restarono scandalizzati e se ne andarono, ma Gesù è una delle poche volte nei Vangeli in cui sembra che quasi non voglia neppure spiegare, non abbassa il livello della proposta che fa di dare tutto se stesso. E d’altra parte non avrebbe potuto abbassare il Suo dono né avrebbe potuto sminuire la nostra capacità di ricevere quel dono: mangiare e avere vita; dare la propria vita perché gli altri ne mangiassero. E quel giorno Gesù, con questo coraggio, rischiò di rimanere solo. Molti se ne andarono, ma Egli quando vuol far qualcosa di grande non ha paura di riproporlo anche col rischio serio della solitudine.

“Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67) disse agli apostoli, perché anche loro non capivano… Come poter capire questo dono immenso? Pietro lo coglie e risponde: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6,68)

Anche noi, nel nostro avvicinarci all’Eucaristia, in quel po’ di pane in cui la fede ci dice che c’è realmente il Corpo del Signore e in quel po’ di vino c’è realmente il Sangue del Signore, riceviamo la Sua vita! Essa diventa la nostra vita! Che salto: Da quel piccolo pane, da quelle poche gocce di vino alla ricchezza di Dio!

Come capirlo? “Signore tu solo hai parole di vita eterna”, ci fidiamo di Te e ti chiediamo di farci capire come Tu nell’Eucaristia, stasera e ogni volta che la celebriamo, colmi la nostra vita, ci dai un cibo che ci sfama davvero, ci dai la Tua vita che è vita eterna.

E’ questo il dono che stasera ricordiamo, affinché la festa sia vera. Già la nostra presenza, il canto fanno bella la festa, ma il tesoro prezioso è Lui, che ci dà il Suo Corpo e il Suo Sangue.

 

Dalla Prima Lettura riprendiamo e custodiamo nel cuore due parole, che ci aiutano a vivere il dono di stasera:

La prima è questa: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore ti ha fatto fare” (Dt 8, 2)

Ricordiamoci anche noi del cammino che il Signore ci ha fatto compiere dalla Prima Comunione a questo momento. Tutte le volte in cui abbiamo vissuto la Sua presenza ed essa ci ha chiesto di aprirgli la nostra vita.

L’altra parola è questa: “Non dimenticare” (Dt 8,14) Non dimentichiamo il dono dell’Eucaristia! Noi sacerdoti, a volte presi dall’abitudine, rischiamo di non viverla intensamente; voi laici rischiate talvolta di vivere questo appuntamento con Lui senza esserne pienamente coscienti. Che questo non avvenga: non dimentichiamo!

 

San Francesco, che amava molto l’Eucaristia, scrive ai frati un testo molto bello che voglio leggervi:

“Fratelli sarebbe una grande miseria se avendo Lui, il Signore, così presente, voi vi curaste di qualunque altra cosa che fosse nell’universo intero” (Dalla Lettera a tutto l’Ordine. Fonti Francescane n. 220)

Capita anche a noi di farci occupare il cuore da pensieri, dolori, preoccupazioni, asti, rivincite, rivalse… Che guaio, dice san Francesco: avendo Lui così presente ci facciamo prendere da queste cose!

E aggiunge:

“Tutta l’umanità trepidi, I’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo” (cfr FF. 221)

L’universo tremi, sì, perché in quel pane eucaristico c’è tutta la realtà di Dio!

E quasi in un gioco di parole: “O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!” (ibid.)

Ecco cosa vuol dire l’adorazione: “Guardate, fratelli, I’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre”. (ibid)

Apriamo, allora, il cuore perché anche stasera percepiamo tutti questo dono pieno di Dio, che a noi nell’Eucaristia si dà tutto.

Chiediamolo con la fede dei bambini, con la nostra fede di adulti, perché questo sia davvero un tesoro che non possiamo dimenticare e a cui accostarci sempre con intensità, con un profondo senso di bisogno e con tanta fede.

 

Sia lodato Gesù Cristo!

+Rodolfo

 

 

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