Omelia del vescovo alla Messa del pellegrinaggio dei giovani all’eremo di Malavalle

Cari ragazzi,

c’è stato per me un momento duro, nel corso del cammino a piedi verso Malavalle. E’ stato quando  don Stefano ci ha rivolto questa sollecitazione: “Chiedetevi perché oggi siete qui”.

Io questa domanda l’ho presa sul serio, non perché non sapessi il motivo per cui ero qui e la ragione per cui abbiamo organizzato questo pellegrinaggio, ma mi sono chiesto: qual è la ragione più profonda che ho in me oggi venendo con voi a Malavalle?

Ci ho pensato lungo tutto il tragitto e la risposta è stata molteplice. Sono salito a Malavalle per stare con voi, per condividere questo tempo con i miei sacerdoti più giovani, che hanno già responsabilità pastorali nelle parrocchie e che si dedicano molto a voi, per incoraggiarvi, per aiutarvi a lavorare insieme. Il frutto bello di oggi dipende anche da questa relazione.

Poi il motivo più profondo è che attraverso i santi conosco meglio Gesù, un Gesù robusto, un Gesù che non sta ai compromessi dinanzi a chi fa il doppio gioco o utilizza anche le cose sacre per i propri interessi. In questi casi Egli fa piazza pulita. Gesù vuole intorno a sè persone trasparenti, che sono per Lui, che non lo usano. Un Gesù amico, ma amico forte, che ci insegna ad essere persone forti, belle, robuste, oneste!

Questo è il motivo mio personale per stare con voi e per pregare per voi.

Pensando alla Parola di Dio di oggi (il Vescovo ha sempre questo incarico di confortare e confermare nella fede), nella lettura dell’Esodo abbiamo ascoltato il racconto del dono di Dio all’uomo delle «dieci parole».

Cosa sono queste dieci parole? I comandamenti, certo, ma perché le ha date?  È un po’ come quando siamo tra amici: ci si danno delle regole, si fanno dei patti d’amicizia. Le dieci parole, l’esperienza di Mosè di un “a tu per tu” con Dio sul Sinai, sono scaturiti dal cuore del Signore, il quale ha desiderato che quella libertà che il popolo aveva iniziato a gustare e il poter iniziare a camminare insieme avendo una speranza che lo aiutasse a costruire un mondo diverso da quello vissuto nella schiavitù dell’Egitto, poggiassero su basi solide, forti, infrangibili.

Nella Parola di Dio di oggi ci viene detto anche il perché. Vorrei che, accanto alle parole sentite stamani (cuore, ricordo, cammino, fare un eremo dentro di noi), vi portaste via da Malavalle anche questo versetto dell’Esodo, che pare sigillare tra loro tutte le cose belle ascoltate nel nostro pellegrinaggio: «Io sono un Dio geloso».

Generalmente quando ad una persona si dice “tu sei geloso”, lo si fa a mo’ di critica, perché intendiamo la gelosia il segno di un amore non tanto libero. Ma è Dio stesso che dice di essere talmente attaccato a noi da essere geloso di ognuno.

Credo che se questa consapevolezza entra nel nostro cuore, non abbiamo bisogno di altre spiegazioni sul perché Egli ci abbia donato i dieci comandamenti. La gelosia di Dio è tale che Lui tiene a ciascuno di noi, al punto da dare il suo Figlio Gesù.

Senza questa gelosia non si capirebbe nemmeno questo luogo. Che faceva qui a Malavalle San Guglielmo? Sentiva la gelosia di Dio e gli voleva dire: “Sto con te”; sentiva che Dio aveva messo un segno nella sua vita, la croce, e ci si è abbandonato, non solo come sostegno per camminare, ma come sicurezza del suo amore. Per questo anche nel manifesto di questa giornata abbiamo voluto raffigurare Guglielmo che cammina appoggiandosi ad una croce. Dio ha tanto amato me da dare il suo Figlio unigenito, perché se credo in Lui avrò la vita eterna.

Credo che il vescovo, i sacerdoti e ognuno di noi non abbiamo altro da dirci che questo e se ce lo diciamo in maniera vera e lo viviamo, il resto – l’impegno, la collaborazione, il perdono, l’organizzare le cose insieme e farle bene – viene da sè,  perché tutto vuol essere questo raccontarsi l’un l’altro l’amore di Dio. Partendo dal piccolo, dall’essere venuti qui, dall’aver trovato pulito e pronto per celebrare la Messa, tutto diventa una risposta di amore a questa gelosia di Dio.

Che San Guglielmo ci insegni questo: lui l’ha vissuto sul serio! Mi auguro che dopo questa esperienza siate per primi voi giovani a rifare insieme il tessuto della pastorale giovanile per programmare insieme, condividere insieme. Voi giovani avete tante capacità, tanti doni e oggi lo avete dimostrato: bisogna farne un tessuto, che ci faccia camminare lungo la strada di Dio, per rispondere a questo amore e a questa gelosia buona del Signore.

Ci fermiamo un minuto a pensare a questo, chiedendo a San Guglielmo che ce lo insegni davvero.

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