Carissimi fratelli e sorelle, carissimi sacerdoti,
che il Signore ci doni di camminare bene in queste settimane che ci preparano al Natale.
Abbiamo ascoltato il brano del Vangelo di Marco: quattro volte in poche righe viene ripetuta una parola: <Vegliate>. Vogliamo prenderla come la prima parola del nostro cammino verso il Natale per prepararci.
<Vegliate> è sullo sfondo di un brano in cui c’è la situazione di alcuni servitori a cui sono state lasciate delle responsabilità dal padrone di casa, che si è assentato per un certo tempo e non si sa quando tornerà . E’ bene che essi stiano svegli, per non essere trovati addormentati a qualsiasi ora egli ritorni.
Essere svegli, vegliare, non per paura, ma perché responsabili; non senza sapere che cosa, ma in attesa di uno che si è fidato di noi. E Gesù precisa: <Fate attenzione,. Vegliate>. E’ come se invitasse a tenere il cuore e la mente accesi verso qualcosa, o meglio verso qualcuno.
Per noi all’inizio di Avvento è come se attraverso queste parole ci sentissimo dire e suggerire al cuore: preparati all’incontro con Dio che si fa uomo, preparati a incontrare l’umanità di Dio, attendilo, cercarlo con l’intensità con cui si aspetta una persona importante, come quei servitori aspettavano il loro padrone. E veglia pensando al fatto che il Figlio di Dio, in Maria, diventa come noi, uno di noi, viene a visitarci e vuol farci riscoprire quale dono ci sia stato fatto, quale responsabilità questo eventi ci abbia affidato.
Facendosi uomo come ognuno di noi, ci insegna a vivere come è vissuto Lui; di più: ci insegna a vivere da uomini con Lui; ci aiuta ad esprimere Lui nella nostra vita.
Questo è esser cristiani!
Certo, possono esserci prove, stanchezze, tentazione di addormentarsi, di mollare; no – sembra dirci il Vangelo -: la vita così com’è è un dono di Dio e Gesù ce ne rinnova la bellezza, ce ne ripropone la grande dignità. E’ possibile in questa vita essere figli di Dio come Lui, ma bisogna che essa sia vibrante, tesa verso il Signore. L’Avvento ci aiuta a riscoprirci così, a pensarci così e a vivere così, in un’attesa piena di sicurezza, in un desiderio forte di vederlo venire tra noi e di incontrare Dio in Gesù.
Per tutto il tempo di Avvento ci aiuterà tanto la Parola di Dio e ci farà dare contenuto al nostro vegliare. Un contenuto di preghiera, di una preghiera forte, che oggi Isaia ci pone sulle labbra: <Signore sei nostro padre, Signore sei nostro creatore. Noi siamo dispersi, vaghiamo lontano da te… non lasciare che il nostro cuore si indurisca, sia preso dalla tristezza. Torna!>.
E poi quel grido splendido: <Oh se tu squarciassi il cielo e scendessi!> Questa preghiera ci aiuta non solo ad esprimere questo desiderio di Dio, ma a leggere con più verità anche il mondo in cui viviamo. Un mondo su cui vi abbiamo costruito sopra dei cieli oscurati dalla violenza, dal male, dall’ingiustizia, dall’odio; cieli che non proteggono più; cieli che minacciano, specialmente i più piccoli, i poveri; ma anche i cieli dei nostri cuori o dei nostri occhi non sempre puri.
<Vieni Signore… Siamo divenuti come foglie avvizzite, come cosa impura… il tuo volto è nascosto perché noi siamo in balia delle nostre iniquità>. Però Isaia invoca: <Ma tu sei nostro Padre e noi opera delle tue mani>.
Ecco fratelli la nostra vita: <Tu o Dio sei padre e noi siamo opera delle tue mani>.
Vorrei, fratelli, che con tutto il nostro cuore, la nostra attenzione e con semplicità vegliassimo verso il Natale con questo cuore: un vegliare serio, severo anche verso il male che è in noi e attorno a noi, ma in una sofferenza che tolga la tristezza e che ci apra alla bellezza a cui Dio non rinuncia.
<Tu sei nostro Padre….noi siamo tuoi figli>. Talvolta lo dimentichiamo, spesso non siamo capaci di vivere coerentemente, ma Lui non cessa di essere l’origine della nostra vita. Il Signore ce l’ha donata e vuol tornare dentro di essa a vivere con noi, come quel padrone di cui parla Gesù nel Vangelo vuol tornare, ha diritto di tornare nella sua casa e ha diritto che i suoi lo attendano. Per questo ha mandato il suo figlio: per risvegliare questa attesa, l’ha mandato ad abitare in mezzo a noi.
Allora questa parola, <vegliate>, vuol dire essere svegli dentro, pieni di una fede e di una fiducia che vadano al di là delle nostre paure, perfino al di là dei nostri peccati e dei nostri limiti.
Ma la Parola di Dio arricchisce ancora di più la nostra fiducia: vi invito davvero a meditarla tanto in questo periodo. Vi rileggo alcune parole della II lettura: <Fratelli, grazia a voi e pace da Dio nostro e dal Signore Gesù Cristo! Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni>. Ecco il Natale: la grazia che ci è stata data in Cristo Gesù!
E ancora: <In lui siete stati arricchiti di tutti i doni>.
Vegliare con questa parola ci aiuterà a riconoscere il Signore che viene e che torna nella sua casa e ci aiuterà anche a riscoprire quale ricchezza di umanità Egli ci ha donato.
Lui ci insegna a vivere da uomini, con quella intensità, con quella umiltà, generosità e dono di sè che Lui ha vissuto.
<Questo – dice Paolo – ci renderà saldi fino alla fine>. Nelle incertezze del nostro tempo, nelle incertezze della nostra fede, la Parola di Dio ci dice che Gesù e il suo venire tra noi, il suo insegnarci a vivere, ci rende saldi.
All’inizio della Messa don Gian Paolo ha acceso una candela; ne accenderemo una ogni domenica. E’ il segno della luce che cerchiamo, ma è anche il segno della luce che ci viene dalla Parola di Dio e da Gesù, che è la Parola di Dio fatta carne. Guardando a Lui impariamo la bellezza che tanto desideriamo e che, se davvero guardiamo a Lui, possiamo far nascere di nuovo, più bella.
Questo è iniziare a prepararci al Natale, è imparare da Gesù come essere più uomini, più donne.
Cerchiamo tutti di farci guidare in questa attesa. Giorno dopo giorno il tempo di Avvento ci faccia davvero cercare il Signore nella nostra vita e ci doni la grazia di riscoprirlo e di aiutare anche altri fratelli ad andare verso il Natale.
Così sia!