Monastero di Siloe, domenica 30 agosto 2015

Omelia del vescovo Rodolfo per la X Giornata per la custodia del creato

Buona giornata del creato a tutti, cari fratelli e sorelle e grazie a p. Mario, che nel suo saluto iniziale ha ricordato il pellegrinaggio diocesano in Terra Santa appena concluso.

Si è trattato di un momento che in qualche misura ci prepara alla Giornata del creato attraverso la storia di quella terra e di quel popolo, che ha trasformato in giardino quel che il Signore ha donato, anche con tutte le vicissitudini che quella terra benedetta ha vissuto e continua a vivere, che raccontano la fedeltà di Dio che mai abbandona l’uomo che sa affidarsi a discernere.

Tutto questo riguarda anche noi e, come detto, ci prepara a questa decima Giornata per la cura della nostra “casa comune”, unita da quest’anno ad una Giornata mondiale di preghiera voluta dal Papa.

Vorrei partire dalla Parola di Dio e, in particolare, dalla Seconda Lettura.

Abbiamo ascoltato questa esortazione:

“Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi” (Gc 1, 22)

C’è davvero una “ecologia”, una cura del nostro rapporto con la Parola di Dio seminata in noi e che come buon seme dà frutto altrettanto buono se il campo è custodito e ben irrigato.

Parto allora da qui per offrire qualche ulteriore riflessione.

Il brano del Vangelo di Marco ci porta ad una discussione molto forte, ad accuse reciproche, morali, molto dure, tra gli scribi e i farisei e Gesù.

“Perché i tuoi discepoli non rispettano le tradizioni?”, è l’attacco diretto rivolto a Gesù, in un popolo in cui le tradizioni davano sicurezza ed identità. Dall’altra parte la risposta è altrettanto forte:

“Trascurate il comandamento di Dio per imporre dottrine umane”, “onorate a Parole Dio, ma in realtà il vostro cuore è lontano da Lui”

Dicevo anche nei giorni scorsi ai pellegrini in Terra Santa che in circostanze come questa Gesù “se l’è cercata”, perché in questi contrasti così forti ci fu una reazione grave, che lo portò alla condanna.

Ed anche nell’episodio che abbiamo ascoltato ci deve essere stata un po’ di confusione, perché Marco prosegue il racconto scrivendo che, dopo questo confronto dialettico, Gesù

 

 

“chiamata di nuovo la folla diceva loro…” (Mc 7,14)

Sembra un appello a voler approfondire con tutti i termini della discussione. E Gesù propone alla folla una riflessione importante anche nell’ottica di questa Giornata: il male non è qualcosa che viene da fuori dell’uomo, esce dal suo cuore. Gesù lo chiama “proposito di male” (Mc 7,21) e ne indica 12, un numero simbolico, soprattutto nella mentalità ebraici.

Propositi, cioè, come una sorta di sottofondo che può esserci all’origine di ogni nostra decisione o condotta. E li nomina: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia e, in ultimo, stoltezza, una parola che nella Bibbia riassumere il vivere dell’uomo senza Dio, il voler essere autosufficiente.

Ecco, a questi riferimenti che hanno più una caratteristica morale, oggi potremmo aggiungere altri propositi di male legati al rapporto col mondo, al sistema che lo governa, alla ingiusta ripartizione dei beni che creano Paesi in sovrabbondanza e Paesi alla fame, che provocano esodi più che biblici, con molti profughi… Anche stamani i mezzi di informazione davano conti di questi esodi sia lungo la via balcanica che nel Mediterraneo.

Ma penso anche al bisogno di cibo per tutti, al bisogno che l’intero pianeta venga nutrito – è il tema dell’Expo – e l’offesa all’umanità: pensiamo ai cimiteri che stanno diventando i nostri mari o alle tombe che stanno diventando i camion…

Riflettendo sul rapporto col creato, su quanti abusi, su quanto avvelenamento, su quanto inquinamento, il Papa nell’Enciclica “Laudato sii”, si chiede se ci rendiamo conto di quale mondo stiamo lasciando ai nostri figli?

Ho incrociato la Parola di Dio con le tematiche di stretta attualità, legate a questa Giornata e proprio la Scrittura ci offre un suggerimento molto forte: andare all’essenzialità voluta da Dio, senza ricoprirla di ciò che ci conviene (le tradizioni, realtà spesso buone, a volte le portiamo avanti perché ci convengono…), e fare attenzione al cuore dell’uomo, al cuore delle nostre realtà, laddove noi prendiamo decisioni, evitando ciò che Gesù chiama “il lievito dei farisei”, l’interpretare le cose, ma soprattutto Cristo in base a ciò che conviene.

E’ il lievito, talvolta, anche del nostro egoismo: interpretare in base a quello che ci torna meglio.

Lo facciamo con le cose, con le persone, con Dio. Dice Gesù: “Onorano con le labbra, ma il loro cuore è altrove, lontano”. (Mc 7, 6)

Attenti, allora, al cuore, alle sue intenzioni, alle sue decisioni, perché non stravolga le cose, perché abbia con i beni e con gli altri relazioni di verità.

Ciò comporta una cura, non solo verso il Creato, ma verso tutto ciò che siamo e che ci è affidato: avere attenzione e non dominio, sfruttamento; avere gioia – quante volte ne parla il Papa nell’enciclica – per quello che c’è, che è dono per tutti e non deve diventare oggetto di predazione per alcuni, per i più forti, i più furbi…

Questo atteggiamento che la Parola di Dio ci suggerisce, ci aiuta anche a guardare a questa X Giornata per la custodia del creato che da ques’tanno è anche prima giornata di preghiera. Lo facevamo già, certamente, ma il Papa ha voluto aggiungere questa intenzionalità e lo dice nella lettera con cui l’ha indetta:

“La celebrazione annuale sia un momento forte di preghiera, di riflessione, di conversione e

di assunzione di stili di vita coerenti”.

(Dalla lettera di indizione della Giornata mondiale di preghiera per la custodia del creato, inviata da Papa Francesco al Card.Peter Turkson presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace e al Card. Kurt Koch, presidente del Pontifico consiglio per l’unità dei cristiani, 10 agosto 2015)

 

Il Messaggio, molto ampio, inviato dai Vescovi italiani per questa X Giornata sottolinea i motivi che quest’anno rendono più ricca questa iniziativa: si rifanno alla enciclica, che spero abbiate almeno cominciato a leggere (va letta e riletta), perché offre una visione integrale di fede e di umanità, di scienza e di sapienza umana e spirituale, che coinvolge, fa sentire davvero questo rapporto col creato non come riservato a qualcuno o come sfizio di pochi, ma come cura della casa comune e tutto come fratello e sorella,  anche i beni.

E questo atteggiamento guida ad una relazione armoniosa, a quella integralità nel rapporto con le cose, che va dal cuore e arriva ad ogni creatura e che va vissuta davvero con questo spirito di fraternità.

I vescovi poi ricordano il Convegno ecclesiale di Firenze. Richiamo il titolo: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Per noi cristiani parlare di creato significa parlare di Colui attraverso il quale e in vista del quale tutto è stato fatto e verso cui tutto tende. Di fronte ad una realtà che ha bisogno di cuori umani e di decisioni umane, la Chiesa italiana vuol cercare in Gesù il nuovo umanesimo.

Infine il messaggio ricorda il Giubileo della Misericordia, che inizierà l’8 dicembre. Nella bolla di indizione “Misericordiae Vultus”, Papa Francesco si augura “un futuro intriso di misericordia per andare incontro ad ogni persona – e alla luce dell’enciclica potremmo dire: incontro ad ogni cosa – portando la bontà e la tenerezza di Dio”.

Si capisce come Papa Francesco abbia voluto passare dalle parole sapienti contenute in “Laudato si” ad una giornata mondiale di preghiera, perché quelle indicate come prospettiva della enciclica sono le realtà da chiedere e da ricevere nel nostro cuore; sono sentimenti che ci arrivano solo se abbiamo dentro di noi, profondamente radicato, lo spirito che ha originato tutto: l’amore che è in Dio e che è nel creato e in noi.

Solo se questo si rende più consistente, più forte, avremo quel cuore da cui non escono solo i propositi di male, ma escono nuove scelte.

Noi abbiamo la grazia di vivere questo momento qui a Siloe, in un monastero vocato in modo particolare a ciò che il Papa chiede per questo anno: silenzio e preghiera. Silenzio che ci permette di imparare ad ascoltare e rimettersi in quell’atteggiamento che ci fa tornare all’essenziale. Preghiera, perché abbiamo bisogno, sì, di chiedere a Dio, ma anche di lodarlo e di percepire di più le cose come dono,  e perché nella preghiera abbiamo bisogno di essere più poveri per provare gratitudine e per imparare a scorgere le nostre povertà avendo più misericordia per quelle altrui e sapendole condividere con fraternità.

Nella storia dell’occidente i monasteri e i conventi hanno avuto un grande peso per salvare e difendere, valorizzare e bonificare il creato. Ricordo un convegno di alcuni anni fa a La Verna organizzato dall’Istituto di silvicoltura della Toscana in cui si mostrava la differenza tra la silvicoltura di tipo monastico di Camaldoli e quella dei frati francescani; due modi che esprimevano una spiritualità di rapporto con le cose: quella del monastero che deve vivere dalla coltivazione del bosco e della terra e quella dei frati, che nella Regola hanno l’indicazione che una parte dell’orto o del bosco cresca naturalmente, senza essere lavorata. Questi due modi .- dicevano gli scienziati – avevano permesso di salvare tipi di piante che altrove erano scomparse.

Lo spirito permette un utilizzo e un rispetto vero dei beni della terra, che servano davvero per tutti.

Tutto questo ci dice l’importanza di un “umano rinnovato per abitare la terra”, come dice il tema della X Giornata e che il Papa ci suggerisce di trovarlo nella preghiera, non per allontanarci, ma per stare nel mondo:

            “Noi cristiani – scrive – vogliamo offrire il nostro contributo al superamento della crisi che l’umanità sta vivendo. Per questo dobbiamo, prima di tutto, attingere dal nostro ricco patrimonio spirituale le motivazioni che alimentano la passione per la cura del creato”.

E’ qui l’originalità, perché la motivazione è quel comando che Dio ci ha dato affidandoci il creato e dandoci Gesù come chiave per amarlo.

Più avanti il Papa aggiunge:

            “Vivere la vocazione ad essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa”.

Molti di voi hanno a che fare con l’ambiente, l’agricoltura: la Parola di Dio, l’insegnamento del Papa, queste giornate ci dicono che laddove noi portiamo la nostra fede e la nostra relazione con Gesù la nostra diventa esistenza virtuosa.

Vorrei allora concludere ringraziando tutti per questo momento e per il desiderio e l’impegno che vogliamo mettere: il Signore ci dia un cuore più capace di ascoltare, più capace di andare all’essenziale e più capace di prendere decisioni buone.

Sia lodato Gesù Cristo!

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