Omelia nella solennità dell’Assunzione

Nella solennità dell’Assunzione di Maria, il vescovo Giovanni ha presieduto la Messa vigiliare, la sera del 14 agosto, a Castiglione della Pescaia, mentre il 15 agosto ha celebrato nel Duomo di Orbetello, in diocesi di Pitigliano, la Messa trasmessa in diretta su Rai 1. Pubblichiamo il testo dell’omelia da lui pronunciata in quest’ultima circostanza e il video dell’omelia (analoga nei contenuti) del 14 agosto

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Fratelli e sorelle,

anche noi uniamo la nostra voce a quella delle generazioni passate per proclamare beata colei che ha creduto nella parola che il Signore le ha rivolto, che si è fidata della parola del Signore.

Proclamiamo con gioia che grandi cose ha fatto il Signore per lei, ma non solo per lei, poiché la Sua misericordia si estende di generazione in generazione e quindi anche sulla nostra, provata da tanti problemi spirituali e materiali, sociali e individuali.

Il cantico di Maria, il magnificat, costituisce come un cammino, una regola per la nostra preghiera individuale e comunitaria: la lode di Dio deve essere presente in ogni nostra preghiera liturgica, comunitaria, personale.

In questo atteggiamento di lode richiamo la vostra attenzione sulla preghiera del prefazio della Messa che stiamo celebrando: “Oggi la Vergine Maria, Madre di Dio, è stata assunta in cielo. Segno di sicura speranza e consolazione per il popolo pellegrino sulla terra”.

Sicura speranza: due parole che sembrano contraddittorie, perchè l’esperienza comune ci dice che ciò che è sicuro non si spera e ciò che si spera, proprio perchè lo si spera, non è sicuro. Eppure la liturgia le mette insieme, perchè esprimono molto bene l’atteggiamento fondante la fede e la vita cristiana.

Riflettiamo, sull’esempio di Maria, che custodiva e meditava nel suo cuore la parola del Signore (Lc 2,19), sul significato della speranza cristiana, che è così al centro di questa nostra celebrazione. Come cristiani dobbiamo ben distinguere la speranza dal desiderio (speriamo che…), dalla probabilità, da un augurio…atteggiamenti psicologici degni di rispetto, ma ben lontani dalla speranza cristiana. Ma c’è un altro equivoco più insidioso: la speranza confusa con l’illusione. E’ la critica, tutti lo ricordiamo, che una certa cultura rivolge al cristianesimo: fede-speranza, come un anestetico, illusorio, per sopportare la vita, per difendersi dai fallimenti e in definitiva dalla morte.

Cos’è allora la speranza cristiana?

Ha un nome e un volto: si chiama Gesù. La sua storia e la sua parola sono fondamento della nostra speranza, che vede in Maria il suo più completo traguardo.

Ci insegna la Chiesa:

La speranza cristiana nasce da un fatto: nacque da Maria Vergine…patì sotto Ponzio Pilato…è risorto il terzo giorno…

La realtà di questi avvenimenti, frutto della fedeltà di Dio alle sue promesse, ci permette di guardare al futuro non con ottimismo disincarnato, ma con fiducia nel Dio fedele.

Lo Spirito santo effuso nei nostri cuori-coscienze – qui e ora, anche in questa celebrazione – mantiene viva la speranza, purificandola e insegnandoci a sperare in Dio piuttosto che sperare qualcosa da Dio. Dobbiamo ben capirci: non è certo sbagliato chiedere, e quindi sperare, i beni necessari per la vita (dacci oggi il nostro pane quotidiano…), ma prima di tutto rivolgendoci con fiducia al Padre che è nei cieli, dobbiamo chiedere che venga il suo regno e che sia fatta la sua volontà.

La speranza, come la fede e la carità, devono essere e diventare sempre più uno stile di vita e non momenti occasionali e sporadici. E’ necessario un cammino di formazione cristiana, che ci renda uomini e donne della speranza, che riescono a vedere anche nelle situazioni più critiche qualche barlume di speranza e provare a costruire un cammino cristiano e umano.

E’ la sfida che abbiamo davanti e che non vogliamo eludere… Dov’è o cristiani la vostra speranza? I Padri della Chiesa (sant’Ilario di Poitiers) ci dicono che era la domanda che i pagani rivolgevano ai nostri padri e alle nostre madri nella fede ed essi hanno trovato la risposta fino alla testimonianza suprema, il martirio, che vuol dire appunto testimonianza.

Rendere ragione della speranza che è in noi, come ci insegna san Pietro, non significa esporre semplicemente una teoria filosofico-teologica, come non è una teoria la vita, la croce, la pasqua di Gesù. Credere che Gesù sia la nostra speranza significa imitarne la vita, i gesti, le intenzioni, le scelte: “Se mi amate osserverete i miei comandamenti” (Gv 14,15) e tante altre espressioni simili.

E’ un cammino educativo che la comunità cristiana deve costruire e percorrere. Il termine “cammino” indica la pazienza e la perseveranza necessarie per essere discepoli autentici del Signore Gesù.

Ricordiamo che pazienza e speranza nel Nuovo Testamento sono spesso usati come sinonimi, tanto sono legate insieme: la pazienza senza speranza è una dura rassegnazione ad un destino contro il quale è inutile lottare. La speranza senza pazienza, cioè senza affrontare la vita con i suoi problemi e con le sue sfide, è pura illusione.

Coraggio, fratelli e sorelle, non lasciamoci abbattere, non rassegniamoci semplicemente, scuotendo la testa, davanti ai grandi problemi che ci interrogano, dinanzi ai nostri fallimenti, dinanzi alle piccolezze del nostro cuore. Accogliamo ancora una volta l’insegnamento di Maria alle nozze di Cana, che vogliamo considerare rivolto a tutti noi – Fate quello che Egli vi dirà – unendole a quelle di Pietro dopo una inutile notte di lavoro: Se lo dici Tu, getterò di nuovo le reti!

Amen!

+Giovanni

Omelia nella Messa vigiliare dell’Assunta – 14 agosto 2022, Castiglione della Pescaia
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