“Servi gli uomini di questo tempo cercandoli come li cerca Gesù”: omelia del vescovo Rodolfo nell’ordinazione diaconale di Francisco Iniguez Padilla

E’ bello, fratelli, quando una espressione della liturgia che abbiamo usato – “Rendiamo grazie a Dio” – viene ripresa dal coro e diventa canto! Come a dire che quello che ci è dato dal rito, che è giù scritto, tocca il nostro cuore e cresce, diventa canto del coro e di tutta l’assemblea.

Caro Francisco! Cari fratelli, cari sacerdoti, diaconi, seminaristi,  vi invito davvero a riflettere nel cuore, profondamente, su quanto abbiamo appena detto: vogliamo rendere grazie a Dio.

E’ un sentimento di gioia grata che oggi ci unisce tutti, a vario titolo, attorno alla persona e alla scelta di Francisco, presentato dal rettore don Gian Paolo come diacono per questa nostra Chiesa di Grosseto.

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Ieri sera eravamo nella chiesa di san Pietro al corso, insieme ai giovani: erano molti quelli attorno a te, Francisco, a pregare nella più antica chiesa della nostra città. Ci ha guidati con le sue parole p. Stefano della comunità di Siloe, riflettendo attorno a un giovane pieno di doni, pieno di mezzi e anche di tanti buoni desideri, ma che non ebbe la forza e il coraggio di lasciarsi prendere dallo sguardo e dalle parole di Gesù.

La paura di perdere quello che già aveva, la paura di passare dal fare bene le cose a seguire con tutto se stesso quel Gesù, che aveva ascoltato il suo desiderio e che lo aveva guardato con amore, lo chiuse in sé e lo fece andare via – dice il Vangelo – triste.

Era un bravo ragazzo, ma perse l’occasione della sua vita; l’occasione che cercava: la vita piena, felice, eterna. Non seppe farsela donare da chi gliela offriva tutta.

Eravamo in tanti lì a pregare, per te Francisco, ma anche per noi stessi, perché trovassimo tutti o ritrovassimo o trovassimo più profondamente quel nome con cui il Signore dell’eternità ci ha chiamati e ci conosce e ci ama. Nome e realtà che Lui vuole incontrare e che vorrebbe riempire di sé; Lui che è la vita eterna che cerchiamo, la pienezza, la felicità!

E’ l’occasione della vita; è il desiderio che è alla base di ogni desiderio che anima il nostro cuore e che lo rende inquieto.

E’ l’occasione che va cercata, ma che va anche ascoltata.

E’ stato bello che alla fine di quell’ora di preghiera intensa, don Marco ci abbia detto che in Seminario, anche quest’anno, un venerdì al mese il Signore ci offrirà di nuovo, in maniera semplice, l’occasione di ascoltare e di cercare.

Lo dico specialmente ai più giovani: non perdiamo questa occasione!

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Se ieri sera ci faceva da sfondo un tale senza nome, che non seppe cogliere la vita buona che Gesù gli offriva, stasera invece abbiamo un amico, un fratello, una persona viva, che ci consegna la sua storia, ci dice il suo essersi lasciato chiamare – lo ripeteva prima il rettore – e il suo lasciarsi prendere tutto. Ci dice il suo sì; lo dice davanti a questa comunità.

E’ bello questo: per te, Francisco, ma è bello anche per tutti noi!

Per questo – lo ripeto – rendiamo grazie al Signore e a te Francisco, nonché alla tua famiglia, che è lontana, ma che stasera certamente è qui. Grazie anche a tutti coloro che in questo cammino ti sono stati accanto in molti modi. Tutto ti ha fatto crescere.

Ma in particolare questo grazie lo dico a te. Ti mettiamo tutti, stasera, nella preghiera della Chiesa, perché lo spirito ti consacri, ti renda davvero tutto di Dio e, così, anche tutto nostro, di questa Chiesa e in particolare degli uomini e delle donne che incontrerai, specialmente i più poveri, che hanno bisogno del tuo servizio.

Tra poco, per rendere esplicito questo ti farò delle precise domande, che ci spiegheranno quello che ti è chiesto e che ti è affidato. Andando avanti, poi, pregheremo ancora più forte, solo per te, perché quello che accade stasera sia un passo deciso e decisivo nel tuo aderire a Gesù, che è tuo Signore, che è l’unico Maestro, che si è fatto diacono per te e ora lo diventa, attraverso di te, per tutti noi.

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Al di là del rito, voglio porre tutto questo sotto la luce bella della Parola di Dio, che questa sera fi è stata annunziata. Lo farò brevemente e semplicemente, ma con gioia e con gratitudine ancora più marcate al Signore che ci ha dato questa Parola.

Siamo come dentro la grande misura d’amore di Dio, che ci contiene e ci sostiene tutti.

Ed è di una tenerezza grande, bella, quello che la Sapienza ci ha detto nella Prima lettura: tutto il mondo e noi non siamo che polvere sulla bilancia, un soffio di vento la porta via…siamo come una stilla di rugiada al mattino, il primo sole la asciuga.

Ma rivolgendosi a Dio:

“Tu però hai tenerezza verso tutti” (Sap 11,23) , “Tu ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa se tu non l’avessi voluta? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita” (Sap 11, 24-26)

Siamo tuoi, Signore, amante della vita! E “il tuo Spirito incorruttibile è in tutte le cose” (Sap 12,1) Come a dire a Dio: ci sei, sei accanto a noi, sei in noi e noi siamo dentro questa misura.

E se questo è l’inizio e il perché della nostra vita, l’essere stati da Lui voluti e creati, Egli non si è fermato lì; ci ha seguiti e ci ha cercati, anche se lo avessimo dimenticato.

E’ l’ultima frase del Vangelo proclamata dal diacono, il diacono novello, Flavio:

“Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10)

Ecco, siamo dentro questa misura, questa grande cornice bella, che ci contiene e che se qualche volta siamo andati fuori strada ci recupera.

La Parola di Dio – lo ripeto – nella sua tenerezza grande stasera diventa anche preghiera, perché questa che è la nostra verità sia viva davanti ai nostri occhi, perché ce ne rendiamo conto. Anche stasera, tutti! Perché la viviamo, perché cresciamo in questo, perché la portiamo a buon frutto.

Nella seconda lettura abbiamo sentito Paolo che diceva, per noi:

“Prego per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi” (2 Ts 1, 11-12).

Gesù che si glorifica, si manifesta in noi e noi in Lui, ci dà un posto in Lui, con la grazia e la forza sua in noi.

Ecco, fratelli, questi due passi della Parola di Dio ci dicono che cosa ci contiene, ma ci dicono anche una preghiera che ci tocca il cuore, affinché non dimentichiamo in noi tutti questi tesori e perché – e questo è il bello della nostra vita cristiana – li scopriamo ogni giorno di più grazie a quello che viviamo stasera. Tu Francisco e anche tutti noi.

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Nel Vangelo di Luca c’è una persona reale, un uomo, un uomo molto normale: ha un nome, Zaccheo; ha una professione poco amata dagli altri, ma molto redditizia: è pubblicano; è ricco, capo di tutti i pubblicani, professionisti come lui.

Uno che un giorno si lascia prendere da un desiderio, che lo coglie nel profondo: voler vedere Gesù. E’ un desiderio che lo trascina a fare cose un po’ strane per una persona del genere.

Il Vangelo ci dice che corse, salì su una pianta. Questo particolare mette in luce anche i suoi limiti (era piccolo di statura), ma a lui in quel momento non è importato nulla. “Che figura!” – diremmo noi – che stava facendo dinanzi alle persone importanti di Gerico, ma non gliene importò nulla. Che figura anche di fronte alla gente, che di solito tremava davanti a lui. Ma egli sentiva che c’era qualcosa che doveva accadere. Lo sentiva e doveva trovarsi là, dove Gesù – ci dice il Vangelo – “doveva passare” (cfr Lc 19,4). Doveva: quasi una necessità della storia.

Un desiderio, in Zaccheo, verso qualcosa che non sapeva bene cosa fosse, ma che certamente lo stava sbilanciando. Pensiamo a come le persone lo avranno guardato, ma proviamo anche a immaginarlo sopra quell’albero di sicomoro: forse anche lì si stava sbilanciando.

Zaccheo, un uomo come noi, ma sbilanciato da un desiderio profondo, che quel giorno era diventato incontenibile.
Ecco, fratelli: quando uno è in una posizione così sbilanciata, lo sappiamo, basta poco per farlo cadere, per fargli fare un ribaltone, per mutargli l’esistenza, per mettergli davanti l’occasione nuova della vita, per farlo cambiare.

Basta poco, ma fu tanto quello che lo cambiò: fu Gesù, che giunse in quel luogo dove “doveva passare”, perché Gesù arriva, mantiene gli appuntamenti, vuole incontrarci!

E dice Luca: lo guardò e gli parlò chiamandolo per nome e dicendogli che anche lui, Gesù, aveva un bisogno grande di incontrarlo:

“Devo fermarmi a casa tua” (Lc 19,5).

Quel desiderio e quella necessità che era in Zaccheo è ancora più forte in Gesù!

Sappiamo tutti il seguito, non sto a ricordarlo. Zaccheo si buttò giù dal sicomoro e lo accolse pieno di gioia. Quel giovane ricco, invece, su cui abbiamo riflettuto ieri sera, “se ne andò triste” (Mt 19,22). Zaccheo, invece, fu pieno di gioia. E di fronte alle mormorazioni contro Gesù perché era andato da lui, disse quello che il Signore aveva portato in casa sua: lo aveva riportato alla ricchezza di essere figlio di Abramo: scelto, amato, salvato. E’ per questo che quell’uomo forte, potente, ricco, cambia e vuol rimediare al male fatto. Per questo diventa perfino generoso.

E’ l’amore di Dio che cambia! E’ l’amore di Dio che rende giusti!

Ecco, Francisco; ecco fratelli: quella misura d’amore in cui siamo, quella preghiera che Paolo fa perché la realizziamo, l’abbiamo vista diventare storia, carne, scelte, gioia in una persona; l’abbiamo vista diventare una novità impensabile fino a quel momento.

Caro Francisco, che il tuo diaconato abbia questa forza, abbia quest’anima! Ti faccia percepire sempre cercato dal Signore, chiamato sempre per nome, desiderato come familiare da parte di Dio in Gesù. Ma ti faccia anche percepire e vivere il tuo posto nel mondo e nella Chiesa con questo stile e con questo obiettivo: annunciare il Vangelo e, annunciandolo, far incontrare in te e nella Chiesa questa gioia e questa vita. Per questo sei stato chiamato!
Servi gli uomini di questo tempo cercandoli come li cerca Gesù! Cerca chi lo sta cercando, come fa Lui; mettiti a loro servizio perché colgano, attraverso di te il Suo sguardo che li cerca. Incontra i tuoi fratelli, servili con la parola del Vangelo e con la carità, perché ognuno percepisca davvero – come accadde a Zaccheo – di essere figlio caro a Dio.
Se tu sarai vero diacono di Gesù – e per questo preghiamo – ogni tuo gesto potrà far percepire quello che ci ha detto il Vangelo: di qui oggi “è venuta la salvezza” (cfr Lc 19, 10), oggi!

Per questo stasera siamo qui con te: per ringraziare il Signore e per chiedere questi doni e questa grazia per te e per la nostra Chiesa.

Amen.

+Rodolfo

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