“Sigilliamo in noi il dono di questo Anno di misericordia”. L’omelia del vescovo Rodolfo per la chiusura della Porta Santa

Carissimi tutti,
benvenuti in Cattedrale e anche bentrovati, perché io da una settimana mancavo dalla Diocesi.
Oggi è una giornata tanto ricca ed ampia, come il grande arco di un ponte, che mi ha riportato dalla terra di Dio alla nostra “terra santa”, a questa terra dove siamo chiamati a vivere con Lui, a vivere di Lui, a santificarci. Me lo ricorda, questo, anche l’onore che mi è stato fatto di poter indossare, oggi, a conclusione di questo anno santo della misericordia, la casula che san Giovanni Paolo II utilizzò nel 1989 a Grosseto nella Messa da lui celebrata allo stadio a conclusione della sua storica visita.
Ero a Gerusalemme per preparare, insieme ad altre persone, il tempo dell’Avvento e il tempo del Natale, per guardare avanti, per ascoltare la Parola di Dio in quella terra, per percepire, in quella terra, ancora una volta la forza della storia di Dio, specialmente per riflettere sulla ricchezza della sua Parola fatta carne, il suo esser con noi per mezzo di Gesù e per pensare – mentre riflettevo a questo momento che avremmo vissuto insieme – alla sua misericordia, che è diventata vita per noi, alla realtà divina di Dio, diventato uno di noi in Gesù.
Ecco: ora, qui, dove queste stesse cose sono la nostra vita quotidiana, sono il nostro impegno, la gioia di viverlo, ma anche la gioia di avere occasioni continue di ravvivarlo e di viverlo ancora di più. Quella storia di Dio che è giunta a noi e che ha la capacità, ma anche il bisogno, di essere ridetta, di esserci riproposta, di essere rievangelizzata, perché la gustiamo, la godiamo. E’ stata seminata nella nostra vita, è stata tradotta in fatti umani, in scelte, in sentimenti che possono essere sempre nuovi. La nostra vita di cristiani, come in fondo è in generale la vita umana, ha sempre bisogno di questo vivere intenso, vivere di più anche se le cose all’esterno rimangono le stesse, perché noi crediamo nell’eternità di Dio che è diventata la nostra vita e che vuole allargare la nostra esistenza sempre di più, ampliarla, perché sia capace di entrare nella vita eterna che ci è comunicata.
Abbiamo ricevuto la Parola di Dio di oggi, che ci dice che questa storia può prendere pienamente la vita delle persone e può esporre quella di coloro che credono in Gesù anche a difficoltà grandi, fino a persecuzioni, perfino nella propria famiglia, ma specialmente nelle ultime espressioni del brano del Vangelo, Gesù ci ripete che va vissuta con la serena sicurezza che hanno i figli di Dio:
“Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” (Lc 21, 18)
E quando saremo condotti nelle difficoltà e perfino in giudizio, Gesù ci invita a non preoccuparci di cosa dire, perché ci sarà suggerito in quel momento, come a dire la vicinanza momento per momento di Dio.
Solo nel finale Gesù ci esorta alla perseveranza, perché è la perseveranza che ci fa arrivare alla salvezza.
Ecco, ora, insieme, con le esperienze di fede che viviamo e che abbiamo nel cuore, celebriamo la conclusione del Giubileo e ringraziamo Dio per la ricchezza di una parola che ci ha guidati per un anno intero: misericordia. Una parola che ci ha rimesso di fronte al modo di essere di Dio con noi: Dio misericordioso, anzi, Dio misericordia fatta persona. Dio è misericordia ed è diventata carne in Gesù: è Lui il volto umano della misericordia di Dio tra di noi!
In questo anno ce lo siamo sentiti dire e ridire tante volte e in tante forme: dal cantare l’Inno “Misericordiosi come il Padre”; dalla possibilità di confessarci, di affidarci alla misericordia di Dio; dalla testimonianza di figure di misericordia, come il venerabile p. Giovanni o Madre Teresa; alle tante meditazioni; alla lectio della Parola di Dio; ai ritiri; ai momenti di formazione che abbiamo avuto come laici, come gruppi, come sacerdoti; perfino alle sacre rappresentazioni o alle iniziative di carità misericordiose, più intense; a riflessioni che ci hanno portato a parlare della misericordia e della bellezza, della misericordia e della giustizia, fino a toccare l’economia, fino a parlare di misericordia e accoglienza, nelle misure più vicine della persona che abbiamo accanto, fino a chi arriva da altri luoghi.
Stamani rientrando in macchina telefonavo ad una persona e dovevo pensare un po’ alle parole da dirvi questa sera, e gli ho chiesto: “Tu che diresti a conclusione di questo anno della misericordia?” “Che mi dispiace!”, mi ha risposto. Una risposta netta, che dice la preziosità e l’affetto a questo Giubileo e a quanto ci ha dato di vivere per un anno intero.
Concludere il Giubileo, chiudere la Porta Santa della misericordia, prese così d’acchito sono espressioni che anche a me danno quasi un senso di rincrescimento, per non aver potuto viverlo appieno, quasi di rimpianto per le occasioni non vissute con pienezza.
Chiudere è solo una espressione, ma può dirci questo, può farci provare queste sensazioni. Perciò al posto della parola “chiudere” vorrei trovare un’altra espressione che ci aiuti a superare questa semplice impressione che un po’ ci fa soffrire.
Credo che si possa usare una parola più luminosa, una parola più forte, più significativa. La parola è: sigillare.
Chiudere, infatti, ci fa percepire come se qualcosa finisse e questo ci infonderebbe tristezza, ma il cuore misericordioso di Dio non si chiude!
Sigillare mi suona più bello; mi pare voglia dire raccogliere insieme, mettere al sicuro una ricchezza, un dono ricevuto, un tesoro che in questo anno abbiamo scoperto di più e gustato di più; una perla preziosa che forse abbiamo visto con occhi più predisposti o che forse abbiamo ritrovato. Sigillare perché non ci venga rubata, perché si continui a vivere sapendo di avere disponibile un tesoro senza misura come è la misericordia di Dio. Tesoro sempre al sicuro per noi, per poterlo ricevere, per poterlo sentir crescere, per poterlo godere e comunicare. Un tesoro per tutti, perché la misericordia è espansiva, è feconda di opere, è feconda di sentimenti misericordiosi, può aiutarci a fare gesti e a istituire relazioni ancor più ricche di umanità.
Allora chiudere la Porta del Giubileo della misericordia pensando come a sigillare in noi – la porta siamo stati anche noi – persone, in noi Chiesa, in noi famiglie, in noi comunità questo tesoro!
Provo a ricordare alcune sfaccettature che abbiamo riscoperto, perché insieme ci aiutiamo a ringraziare di esse:
– La sorpresa, lo stupore e la bellezza della misericordia. Fin dall’indizione del Giubileo da parte di papa Francesco, che ha meravigliato tutti nell’annunciare l’Anno Santo
– La gioia con cui abbiamo vissuto l’apertura della Porta Santa: ricordiamo tutti la piazza Duomo piena…davvero un bel segno!
– La fecondità, la creatività della parola misericordia e la gioia provata in noi stessi quando in questo anno l’abbiamo sperimentata e ce la siamo sentita annunziare. Una parola che sorprende, che stupisce, che è bella per il cuore e per la vita
– L’altra caratteristica riscoperta è stata la smisuratezza di Dio, in questo suo modo di essere misericordia. Più che una caratteristica o una virtù è proprio Lui, che è misericordia, che si dà fino a perdersi per noi, fino a dare tutto quello che è e che ha, perché noi possiamo avere la vita. Gesù l’ha manifestato fino a diventare persona, carne di misericordia per noi. E pensiamo a come hanno risuonato con vivezza le parabole della misericordia: le conoscevamo, ma in questo anno, forse per maggior attenzione, ma soprattutto per la grazia del Giubileo, hanno assunto una vivacità enorme: la parabola del padre e del figlio prodigo, quella della pecorella ricercata e ritrovata, la dramma perduta… Ogni volta che le abbiamo ascoltate sono state quella Parola che arrivava ad ognuno, proprio a ciascuno, a me! O pensiamo a come sono diventati ancor più espressivi certi episodi del Vangelo, gli incontri di Gesù coi peccatori: Zaccheo, la donna sorpresa in adulterio, il pubblicano. O anche le espressioni dei salmi e dei profeti, fino alla bellissima “Io non ti dimenticherò mai”, che è stata come il lemma della Settimana della Bellezza.
Quante sfaccettature del tesoro sigillato rimangono tesori per noi, sono sorgente a cui attingere!
Vogliamo davvero sigillarle nel cuore, chiudendo il Giubileo, perché l’averne fatta esperienza, averle riscoperte con gioia come rivolte a noi, ci ha fatto trovare la forza inesauribile di farle diventare più nostre, perché diventassimo noi misericordiosi come il Padre, rivestiti di sentimenti di misericordia.
In questo anno siamo stati spinti anche a pensare l’altro e ad agire verso ciascun fratello con misericordia, non come a voler compatire o a voler compiacere la nostra “bontà” (il buonismo), ma perché fosse relazione più vera, essenziale, che esprime davvero il cuore e che con opere di misericordia spirituale e corporale può far rivivere, aiutare a vivere meglio il fratello, la sorella; può immettere creatività laddove non ci sarebbe da aspettarsi più nulla in una relazione, in una iniziativa…
Misericordia ricevuta come forza di Dio, come grazia data a noi che arriva a curare ferite – lo abbiamo sperimentato -; arriva ad aiutarci a farci carico degli altri; arriva a spingerci a perdonare; arriva a darci la spinta per ridare vita a ciò che sembrava perduto o a scoprire ciò che sembrava scomparso nella nostra vita: una persona, un valore, un ricordo, il senso del dedicarsi. Anche fra noi persone, tra noi famiglia, tra gruppi differenti, tra i sacerdoti, tra il vescovo e i sacerdoti e perfino nelle nostre realtà più materiali, a partire da quella economica, per coniugare insieme giustizia e misericordia e tentare di rileggere le nostre realtà con la bellezza che vi ha creato la misericordia.
Ho offerto qualche sprazzo di quanto vissuto e fatto in quest’anno, ma vorrei pensare specialmente ad ogni volta in cui ognuno di noi si è sentito oggetto di misericordia da parte di Dio o dei fratelli; oppure si è sentito soggetto di misericordia, quando abbiamo percepito la bellezza di un gesto gratuito che non avevamo mai fatto, o del tempo dato con più generosità o dell’accoglienza a qualcuno come un’occasione nuova di incontro.
Credo che ci siamo tutti accorti come questa parola ci tocchi il cuore: da una confessione ben fatta, all’ascolto della Parola che è arrivata dentro di noi; ad un’adorazione o ad un momento silenzioso in chiesa, magari passando la Porta Santa quando non c’era nessuno e mettendoci dinanzi alla croce, luogo e segno della misericordia. Oppure da un pensiero e da un gesto che ci ha fatto andare oltre…oltre i discorsi, oltre i diritti, oltre i doveri, fino ad un atto d’amore puro, a uno sguardo disinteressato verso qualcuno che ci è un po’ difficile, ma che in un momento siamo riusciti a guardare con gli occhi con cui lo guarda e lo ama Dio.
Sono stati momenti belli! Teniamoli come tesori nel cuore, che da sempre ci sono dati e che quest’anno si sono ravvivati e che sono capaci di farci vivere giorno per giorno. Perché Dio è un padre che possiamo chiamare Babbo; perché Gesù è il Signore che ci dà la sua vita di Signore; perché la Parola di Dio ci narra e ci annuncia questo e ce lo fa vivere; perché abbiamo i sacramenti, abbiamo la Chiesa, abbiamo soprattutto la Confessione e l’Eucaristia, che ci comunicano questa misericordia di Dio in modo del tutto speciale. E poi perché abbiamo la comunità, i fratelli tutti che possono essere soggetti e oggetti del nostro amore e del perdono, così come noi per loro, perché non c’è nessuno che non abbia bisogno della misericordia dei fratelli e perché le occasioni continue di fragilità che possiamo vivere, possono diventare appello alla misericordia, alla generosità, alla dedizione, al perdono. Anche quelli sono momenti di grazia, quando ci rendiamo conto davvero di essere fragili e non abbiamo vergogna di chiedere aiuto e perdono. Tutto questo, anche se chiudiamo il Giubileo e la Porta della misericordia, rimane, anzi ci chiede di restare al centro del nostro cuore.
Il Giubileo straordinario ha fatto davvero brillare e riscaldare questa parola e tutte le parole che le si avvicinano. Questa realtà, stasera, ce la diciamo di nuovo e chiediamo a Dio di sigillarla Lui nel nostro cuore, di incidercela profondamente.
E’ stato un anno di grazia, di semina e di fecondità. Chiediamo al Signore, gli uni per gli altri, ma anche impegniamoci a non disperdere la tensione e il desiderio che questo Anno Santo ha creato, chiedendo al Signore che, nella sua misericordia, continui a far nascere nella nostra vita buoni frutti di amore: cuore, sentimenti, opere, stile di vita in cui questa caratteristica di Dio emerge da noi stessi, persone, famiglie, comunità.
E’ quanto chiediamo al Signore rendendogli grazie, ma dicendogli anche che abbiamo bisogno ancora di sperimentare questa sua misericordia che è Lui e della quale ci fa dono.
Sia lodato Gesù Cristo!

+Rodolfo

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