Teniamo fisso lo sguardo su Gesù per non abbassarlo mai! Omelia nella Messa del Crisma

Oggi da qui la Cattedrale ha un altro colpo d’occhio e sembra un abbraccio bianco intorno all’altare! Segno di quell’abbraccio di tutti noi a Colui che ha dato la vita per ciascuno, il Signore Gesù, e che ha fatto di noi un popolo di sacerdoti: coloro che ne hanno il ministero, ma anche tutti noi attraverso l’unzione ricevuta nella Cresima.
Tra poco ci sarà un segno in questa liturgia, molto umano, bello: l’abbraccio di tutti i sacerdoti al Vescovo. Io fin d’ora ad alta voce li ringrazio, anche a nome di tutti voi, per il loro servizio, per quello che ogni sacerdote è e compie in questa Chiesa.
Ci sarà poi la benedizione degli olii santi e del crisma: attraverso di essi si inseriscono nella nostra Messa tanti pensieri e tanti motivi.
Benediremo l’olio dei catecumeni per pensare al cammino di quanti si stanno avvicinando, anche nella nostra Chiesa, piccoli o grandi, al Battesimo. I bambini con le loro famiglie, che portano il frutto del loro amore a Colui che è il Padre di tutti, perché il Battesimo ci fa scoprire il nostro essere figli di Dio. L’olio ci prepara a questo ed è questo darci a Lui per avere forza e poter lottare con la Sua forza!
Ci sarà l’olio degli infermi, per pensare ai nostri fratelli che portano il dolore e la malattia nel corpo, per dirci il valore dei nostri corpi, della nostra realtà creata e voluta da Dio, per la quale dobbiamo avere cura, non solo quella medica, pur importante, ma anche la cura della vicinanza, della preghiera e dell’andare a portare, nella fede, questo olio a coloro che devono essere consolati, prima di tutto nell’animo, e aiutati a portare la croce di Cristo.
Infine il Crisma: la Cresima, il sacerdozio, l’essere consacrati, l’essere resi sacri a Lui e per gli altri. Uomini come gli altri, presi tra gli altri uomini, poveri come gli altri, ma fortificati da questo Crisma. Anche noi coi nostri limiti e peccati, ma perdonati nel profondo, guariti, resi sacri, appunto! E anche se fragili, sempre strumenti validi, veri del Signore Gesù.
Questo ci ricordano gli olii e attraverso di essi questi pensieri entrano nella nostra celebrazione.
Vorrei, con voi, sottolineare tali motivi anche riferendomi ad alcune caratteristiche che vengono dalla realtà.
Uniremo l’olio di Arcille con l’olio del Getsemani: nei giorni scorsi ero in Terra Santa e i frati francescani me ne hanno regalato un po’. Poi li mescoleremo con nardo e profumi che vengono anch’essi dalla terra di Gesù, terra bella e martoriata. In quell’olio sarà unito il lavoro della nostra terra con il frutto del lavoro del luogo che fu rifugio per Gesù e per i suoi, che fu luogo di preghiera, di tradimento e in cui il Signore invocò l’amicizia dei suoi. E poi il nardo, che ci ricorda quello che fu sprecato per amore a Gesù, per la gioia di potersi avvicinare a Lui e onorarlo. Una donna “sprecò” un vasetto di nardo preziosissimo e Gesù, a coloro che la rimproveravano perché sarebbe stato meglio venderlo per i poveri, disse che Lui era il vero povero, al quale poter dare tutto e dare specialmente la gioia di incontrarlo, fino a “sprecare” la vita per Lui.
Dice il Vangelo che quel nardo riempì di profumo tutta la casa (cfr. Gv 12,1-8)
Allora ripensare al dono dell’olio e della unzione, che tutti abbiamo ricevuto per uscire da ogni egoismo, per poter anche recuperare sempre di più il senso della vera accoglienza di Gesù e della generosità nostra verso di Lui. Senza – e qui vengo alla mia vita di vescovo, alla vostra di sacerdoti, a quella di ognuno nella sua vocazione – stare a misurare! Recuperare la gratuità, che non guarda al tornaconto, che non fa calcoli e anche oggi ringraziare Dio e meravigliarsi che questo riempia il cuore, la casa, la Chiesa, il mondo! Anche oggi, che ce n’è ancor più bisogno di sempre, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nella società.
L’unzione, la consacrazione, gli olii in questo Anno della misericordia.
Il brano ascoltato nella I Lettura e il Vangelo di Luca ce ne dicono il legame.
Per Gesù, prima di tutto. E’ Lui il vero volto della misericordia (cfr. Misericordiae Vultus); è Lui la ragione del nostro Giubileo e quindi della nostra gioia, perché è Lui la grazia, è Lui il perdono, è Lui vivo oggi, così, come grazia viva, come perdono vivo sulla nostra vita!
Ma anche per noi. Papa Francesco ci esorta a tenere fisso lo sguardo su Gesù (cfr M.V), perché ci sono troppe cose che ci fanno abbassare lo sguardo: i nostri limiti e anche i nostri peccati, il male che è nel mondo, le piaghe, le ferite…
Come cristiani, ma anche come uomini, spesso a ragione, abbiamo lo sguardo abbassato.
Spesso.
E spesso è come se ci vergognassimo che ci sia una umanità così: nel piccolo delle nostre esistenze, come nel grande delle tragedie che ci coinvolgono.
Però quando nelle nostre orecchie e nel nostro cuore risuonano parole come quelle che abbiamo sentito in Isaia e che Gesù proclamò nella sinagoga di Nazareth: lieto annuncio, libertà, sanare le piaghe, consolare gli afflitti…allora si riapre il cuore verso chi le pronuncia e si volge lo sguardo verso di Lui, come a chiedergli se davvero quello che Lui dice è possibile per la nostra vita.
Talvolta come persone – lo dico soprattutto a noi sacerdoti – di fronte alle responsabilità che abbiamo, sentiamo di avere addosso qualche sguardo interrogante, quasi di rimprovero per non avere sempre le risposte alle tante difficili domande di oggi, ma sentiamo anche su di noi uno sguardo che chiede speranza, il bisogno che da qualcuno possano arrivare le risposte. Anche e soprattutto da noi cristiani, da ogni battezzato, da noi sacerdoti, dalla Chiesa, che questa speranza è chiamata a proclamare e a cercare – e lo fa, e si impegna – di renderla attuale oggi.
C’è quest’attesa!
E allora oggi, in questo sentirci consacrati, resi uniti a Cristo, è il dono che abbiamo: che si risvegli!
Anche noi stasera, riascoltandolo, vogliamo tenere fisso lo sguardo su Gesù.
Cosa dice Gesù? “Oggi questa Parola si è realizzata” (cfr Lc 4, 21) per voi. E’ Gesù che rende vera, ora, questa Parola per noi. Gesù vivo tra di noi, nella sua persona. E aprendoci ai giorni della Settimana Santa che stiamo celebrando, Gesù che vive la morte e la resurrezione, Gesù che si fa carico di tutto e che si lascia spezzare dal male, ma che innesta la sua vita in esso, Lui è capace di portare speranza, vita, luce, consolazione. Anche nelle ferite più oscure del male, di fronte alle quali l’umanità soffre. Lo fa per noi, lo fa per il mondo, in questi tempi, oggi.
Pensiamo al nostro sguardo desideroso, ansioso di avere una risposta, come per quella gente di Nazareth, e Gesù che dice: “Oggi”! Non ieri, oggi per la mia vita, per la vita di ognuno.
Sappiamo, allora, nella fede, che la celebrazione dei fatti di Gesù fa vivere a noi, oggi, quello che Lui è: volto della misericordia; quello che Lui compie: la riconciliazione, il dono dell’amore, il dono della vita nella quale siamo immersi dal Battesimo e che poi ha trovato il suo sigillo nella Confermazione e nell’Ordine.
Talvolta possiamo avere anche perso questi doni, possiamo essere arrivati a disprezzarli, ma Egli, oggi, è quell’Anno di Grazia e se teniamo fisso lo sguardo su di Lui, se sappiamo ricevere e accogliere davvero, con fede, quella Parola oggi, Lo possiamo far diventare ancor più vivo in noi.
Non avremo risposte belle e fatte, ma anche nel buio di questi tempi sapremo guardare a Lui, alla luce. Come dice il Salmo, Egli ci aiuterà a tenere alta la fronte (cfr Sal 88) anche davanti a tante cose, intime, nostre o del mondo, che ci sono pesanti.
Questo vale in particolare per voi sacerdoti. A coloro che, come voi, Gesù chiama ad intuire e a vivere questo “oggi” sempre, dice che “sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio” (Is 61, 6).
Voi potete percepire questo Spirito sulle vostre persone, potete essere per tutti noi lieto annunzio, consolazione, portatori di letizia, risposte di speranza ai bisogni degli uomini.
Gesù ci ha coinvolti in questo, Gesù stasera ci ridice: “Oggi”, un oggi che dura tutta la vita, che può durare tutta l’eternità, perché il rapporto con Gesù, se vero, ha questa intensità.
Tra poco rinnoveremo le nostre promesse fatte nel giorno della consacrazione: che possiamo sentire di nuovo il dono della chiamata, perché allora la responsabilità riprende vivacità e diviene più leggera e l’impegno più fiducioso.
La Chiesa, il mondo hanno bisogno di questo; la Chiesa, il mondo, il nostro popolo prega per questo!
Sentiamoci, stasera, non solo davanti a Gesù, ma amati dal popolo di Dio, attesi dalle sue domande, aiutati come unico corpo a rispondere a queste chiamate, ma anche a ringraziare per quello che già facciamo.
Termino come ho iniziato, facendolo a nome di tutti: grazie per il vostro sacerdozio, per il vostro lavoro e a nome di tutti e con voi innalzo la preghiera a Dio, perché ci confermi in quello a cui ci ha chiamati.
Amen!

+Rodolfo

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